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La capacità di un leader di anticipare i tempi

Opinionista: 

A trentaquattro anni dalla sua scomparsa, la Fondazione Giorgio Almirante, per volere della figlia Giuliana de’ Medici, ha voluto ricordare, proprio a Napoli, la figura dello storico leader del Msi con un convegno che si è tenuto nella sala del consiglio metropolitano a Santa Maria La Nova. Di Almirante si è ricordato, attraverso le testimonianze dei relatori, il rapporto speciale che aveva con la città di Napoli, la sua capacità di anticipare i tempi proponendo una profonda istituzionale attraverso la formula della Repubblica Presidenziale che prevedeva l’elezione diretta del Capo dello Stato, ma anche dei Sindaci, del Presidente di Provincia e di Regione, l’attualità del suo pensiero rispetto all’Europa quando fondò l’Eurodestra, in vista delle prime elezioni per il parlamento europeo nel 1979, la sua notevole sete di giustizia sociale. Tutte cose che si conoscono unite alla sua capacità oratoria e a quella onestà, intellettuale e non solo, che alla sua morte fece dire a Indro Montanelli: “Se ne è andato l’unico italiano a cui si poteva stringere la mano senza paura di sporcarsi”. Nella serata mi sono sembrate particolarmente interessanti le testimonianze di Antonio Padellaro e di Paolo Mieli, intervistati dal capo ufficio stampa del Msi, Massimo Magliaro, che hanno, da uomini di sinistra, dette parole molte importanti sulla figura di Giorgio Almirante. Padellaro, fondatore del Fatto Quotidiano e autore del libro dal titolo “Il gesto di Almirante e Berlinguer” nel quale racconta che i due esponenti politici si incontrarono 4 o 6 volte, all’ultimo piano di Montecitorio, di venerdì pomeriggio quando il palazzo era semideserto. Per formulare le ipotesi che possano rispondere alla legittima curiosità su cosa si dissero e di cosa parlarono si deve partire dal contesto nel quale questi incontri si svolsero: il clima infuocato del Paese negli anni di piombo, il terrorismo rosso e nero sulle pagine di tutti i giornali, gli opposti estremismi che causarono la morte di tanti giovani. Da veri leader, quindi, pensarono che fosse necessario lavorare per svelenire il clima ideologico e contrastare il terrorismo e gli assassini, rossi o neri, che col tempo avrebbero aspettato al varco anche loro com’era già avvenuto per Aldo Moro. Un gesto che ci racconta che i veri statisti, pur se divisi nettamente dal credo politico, nel momento in cui c’è da difendere le istituzioni trovano le necessarie convergenze per il bene comune. Forse fu proprio durante quegli incontri che tra i due nacque una stima reciproca che spinse Almirante, quando nel 1984 Enrico Berlinguer morì, con un gesto per nulla scontato, ad andare a Botteghe Oscure dove era esposta la bara del leader del PCI e a dichiarare: “Sono venuto a rendere omaggio a un uomo da cui mi ha diviso tutto ma che ho sempre apprezzato e stimato”. Paolo Mieli, già direttore del Corriere della Sera e della Stampa, storico, ha messo in evidenza di come ha cambiato il suo giudizio nel tempo sin da quando, da giovane cronista parlamentare, gli era stato presentato come il leader dell’ala più radicale della destra missina salvo poi scoprire che Almirante era una persona gentile, affabile, intelligente, acuta, che sapeva ascoltare. Anche Mieli è voluto tornare sulla partecipazione del segretario missino al funerale di Berlinguer, un uomo che sfidò la possibilità di un gravissimo rischio ma che con quel gesto vinse la diffidenza capovolgendo la storia della sua persona al punto che oggi nessuno lo descriverebbe come un mostro. Correva un rischio ma sapeva che da quello sarebbe dipeso anche il futuro della destra in Italia. L’operazione di Almirante fu traghettare senza rinnegare un sentimento che era nella linfa del popolo italiano, guidare la trasformazione da estremismo di destra in movimento di destra, tracciare una prospettiva ancora oggi valida quando con la nascita della Destra Nazionale costruì una formazione politica capace di abbattere ogni scoria e relitto della guerra civile per parlare a tutti gli italiani e per poter alzare le insegne ed i simboli della Patria. Ed è su quella prospettiva che Giorgia Meloni sta guidando Fratelli d’Italia, caratterizzando la sua proposta politica per chiarezza e coerenza di comportamenti, avendo dimostrato di non avere né fame e né sete di poltrone, ma assoluta dedizione allo studio ed al lavoro per essere pronti a governare il Paese.