Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

La cattura del “padrino” e i “protagonisti sul campo”

Opinionista: 

Gentile Direttore, comunque la si voglia commentare, la cattura del superlatitante Matteo Messina Denaro è una vittoria dello Stato contro l’anti-Stato, in cui ogni forma di delinquenza organizzata (Mafia, Camorra, ’Ndrangheta) viene rappresentata. Che vi sia stata una speciale corsa verso Palermo da parte dei rappresentanti delle Istituzioni per congratularsi con i protagonisti di questa cattura, ed anche per mostrarsi all’opinione pubblica, mi sembra fisiologico ed umano, tant’è che nessun Governo nella storia della nostra Repubblica è sfuggito a questa tentazione. Come pure mi appare abbastanza normale, anche se in estemporanee espressioni alcune dichiarazioni di rappresentanti politici mi sembrano rasentare il ridicolo, che chi è oggi al Governo enfatizzi la cattura di uno stragista dopo 30 anni di latitanza, colui che tra decine di delitti ha sulla coscienza quello più efferato: lo strangolamento del figlio del pentito Di Matteo e lo scioglimento del corpo in una vasca piena di acido. E pure “normale” mi sembra chi tenta di sminuire l’importanza dell’accadimento: “tanto, malato terminale qual è, si è fatto catturare da solo”, si dice da qualcuno un po’ bilioso. Ancora oggi, andando fuori d’Italia, la nostra Nazione maliziosamente da parte dell’opinione pubblica del Paese estero viene appellata “terra dei mafiosi, o camorristi” ; la più prestigiosa rivista al mondo “Forbes” mise Matteo Messina Denaro tra i 10 più pericolosi criminali latitanti al mondo e l’Italia non ne usciva bene con questa defaillance; oggi che leggo sulla stessa rivista: “La vecchia Cosa Nostra è crollata; questa mattina il boss Matteo Messina Denaro è stato arrestato in una clinica a Palermo”, mi si permetta di essere felice come cittadino di una grande Nazione, che ha molta civiltà e cultura, che, ahimè, non fanno tanto rumore quando c’è, purtroppo, un efferato delitto da commentare. Momento di grande soddisfazione, dunque, ed anche orgoglio. Mi interessa marginalmente l’intestazione della cattura avvenuta in un momento politico dove governano le Destre e non le Sinistre. Mi interessa moltissimo, invece, l’operato compiuto dai veri “protagonisti sul campo” per la lotta alla criminalità organizzata, i quali rischiano la vita ogni giorno, e conducono, loro per primi, una vita quasi da reclusi, sottoposti allo sguardo e presenza degli agenti di scorta, assieme alle loro famiglie, con figli piccoli che vorrebbero giocare all’aria aperta come i figli dei comuni cittadini. Evviva i Carabinieri, quindi, come evviva tutte le Forze dell’Ordine, che ci tutelano anche quando non li scorgiamo. Evviva quei magistrati coraggiosi, soprattutto quelli che non sono condizionati dalla “sindrome da apparizione in tv“ o attratti da ideologie politiche, che li fa scendere in campo nelle tornate elettorali, facendo vacillare il principale requisito di un magistrato: quello dell’”imparzialità”. Onore, quindi, al procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia, napoletano doc, che ha diretto le indagini in assoluta discrezione, onore al comandante dello speciale Nucleo dei Ros, il generale Pasquale Angelosanto, onore al colonnello Lucio Arcidiacono, che ha coordinato tutta la logistica dell’operazione e non ha alcun timore a mostrarsi in pubblico. Onore, infine ai tanti “anonimi“ tutori dell’Ordine, che espongono, come detto, ogni giorno la propria vita per il tranquillo vivere della Comunità. Il colonnello Arcidiacono, nelle dichiarazioni rese alla stampa, ha ricordato una figura di servitore dello Stato, un carabiniere morto a 36 anni nel 2006 precipitando da una collina mentre piazzava una telecamera puntata su una strada dove si presumeva transitasse Messina Denaro; era il maresciallo Filippo Salvi, un uomo non del Sud, come si pensa banalmente dei meridionali che scelgono “il posto” nelle FF.AA. non per vocazione, ma per necessità. Era un uomo nato e formatosi nel profondo Nord, la Val Brembana, vicino Bergamo. Amava a tal punto la Sicilia, da stabilire lì la sua sede di servizio, reclutato nei Ros già all’età di 26 anni. Un “anonimo” anche lui per la massa dei cittadini. Così come nel dimenticatoio era rimasta una struggente poesia della piccola Nadia Nencioni, morta nella strage di Firenze di via dei Georgofili, per il cui omicidio proprio Messina Denaro era stato condannato ad uno dei tanti ergastoli; si chiamava “Tramonto”, la poesia, e fu scritta poco prima della sua morte. L’intera operazione della cattura del mafioso è stata nominata “operazione tramonto”, per riferirsi alla piccola vittima del latitante da catturare. Chi volesse leggerla, può trovarla su Google: io non me la sento di trascriverla. Da normale e forse troppo sensibile, per età e per educazione, cittadino spero che almeno uno dei tanti lettori del Suo giornale, Direttore, non dimentichi presto questa giornata, e venga, invece, come tantissimi, ormai, “rapito” come è abitudine quotidiana dai vari e varie “influencer” che imperversano sui tablet, telefonini, e via dicendo, obnubilando la già labile mente di chi ancora è in via di formazione.