La città dei tanti grandi scempi impuniti
Il mio illustre amico Aldo Masullo, il grande filosofo scomparso recentemente, mi diceva che peccavo di “eccessiva fiducia nelle giustizia” quando denunciavo le malefatte i cui responsabili non venivano processati e puniti. “Questa è la città dove nessuno è stato mai chiamato a dar conto del proprio operato, è la città degli impuniti”. E aveva ragione, come gli accadeva spesso. Non abbiamo mai saputo il nome del responsabile dello “scandalo dei rifiuti” dopo l’assoluzione con formula piena dell’ex presidente della Regione Campania Antonio Bassolino dall’accusa di ”truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato”. Il 2007 è stato l’anno della “vergogna planetaria”. La stampa nazionale e quella internazionale hanno sbattuto sulle prime pagine lo scandalo dei rifiuti napoletani con servizi sulle responsabilità, sui costi e sulle disastrose conseguenze economiche e di immagine. Furono pubblicati numerosi pamphlet per far luce su una vicenda che si è cercato i modi di rendere confusa perché fosse difficile, se non impossibile, individuare precise responsabilità personali. Meritano una particolare citazione “Monnezzopoli, la grande truffa” di Paolo Chiariello e “‘O scuorno” di Francesco Durante. La “tragedia dei rifiuti” è stata oggetto di denunce nei talkshow televisivi Annozero, Report, Matrix, Ballarò e Porta a Porta e negli articoli di Ezio Mauro, Eugenio Scalfari, Giannantonio Stella, Marco Demarco, Francesco Merlo, Paolo Mieli, Sergio Rizzo, Sergio Romano, Piero Sansonetti, Mino Fuccillo, Giuseppe Galasso. E di tantissimi altri. Era tale la convinzione della colpevolezza di Bassolino nel suo stesso partito che nel comizio di chiusura delle elezioni politiche del 2006 il segretario del Pd Walter Veltroni non lo volle sul palco di piazza Plebiscito e ci salì assieme a Massimo D’Alema e a Marco Follini, proprio il politico di An che fino a pachi giorni prima era stato il vice del premier Berlusconi. A chi gli chiedeva di dimettersi (tra questi il Procuratore Giandomenjco Lepore) Bassolino rispondeva: “Non mi dimetto perché non ho commesso i reati di cui mi accusano e lo dimostrerò”. E il Tribunale gli ha dato ragione. Una vicenda scandalosa, che ha sputtanato Napoli nel mondo e sulla quale è stato steso un pietoso velo di silenzio. È rimasto ignoto il nome chi ha deciso nel dicembre ’80 di demolire le Serre botaniche della Mostra d’Oltremare per fare spazio ai containers destinati ai terremotati del 23 novembre. E inutilmente continuiamo a chiederne la ricostruzione. E non abbiamo mai saputo chi ha fatto demolire il padiglione del NordAmerica, costruito per la Mostra del Lavoro Italiano nel Mondo del 1952. E non abbiamo mai saputo chi ha deciso di smantellare la funivia Posillipo-Fuorigrotta, costruita negli anni 40 in occasione della Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare, con scomparsa delle cabine, delle funi e dei motori. Sono rimaste la stazioni di viale Kennedy e di via Manzoni per realizzare la proposta di ripristinarla. Ed è rimasto sconosciuto il nome di quell’idiota che, in occasione dei lavori di ripavimentazione di piazzetta Fuga, fece togliere la targa di ghisa 60x60 davanti la funicolare centrale con la scritta “1928 Anno VI dell’Era Fascista” e con il fascio littorio. E ne ho preso atto. Con molta rabbia. Ma non accetto che restino impuniti i responsabili della scomparsa dei mosaici del Maestro Nicola Fabbricatore che ornava il frontone dell’Arena Flegrea alla Mostra d’Oltremare. Che Amedeo Maiuri considerava “pregevoli quanto quelli bizantini”. L’equipe dell’Università Suor Orsola Benincasa, incaricata dalla Soprintendenza, è riuscita a recuperare solo tre figure dai frammenti scampati alla criminale demolizione dell’Arena degli anni 40. Ma non sappiamo se, quando, dove e come saranno esposte al pubblico. Degli altri venti mosaici non si sa nulla. Ed è inammissibile. Voglio sperare che Italia Nostra, il Fai, il mondo culturale e professionale e la stampa cittadina si mobilitino per chiedere alla Procura della Repubblica di individuare i responsabili di questo scempio. Che non possono restare impuniti.