La crescita della popolazione può essere un male o un bene?
La popolazione mondiale ha subito, nel corso degli anni, una evoluzione dinamica e una crescita vertiginosa arrivando fino a circa otto miliardi. Questo andamento è divenuto, inevitabilmente, oggetto di una riflessione che non soltanto si concentra puramente sugli aspetti matematici, ma soprattutto diventa punto nevralgico della considerazione sociale. Ci si domanda se l’accrescimento così folto della popolazione possa essere un bene o un male. Se da una parte l’aumento della popolazione è dovuto al progresso della conoscenza che ha determinato, a sua volta, l’aumento del benessere, questo richiede la necessità di garantire una vita dignitosa alle persone senza, auspicabilmente, produrre effetti negativi sul pianeta. Essere così in tanti e ancora in crescita rappresenta dunque un problema: dar da mangiare, fornire energia, produrre lavoro. Questo potrebbe determinare il rischio di esaurire le risorse disponibili che la terra ci offre e la diminuzione dello spazio vitale per ciascun abitante. La crescita della popolazione sta, però, rallentando o addirittura fermandosi. In Italia, per esempio, è diminuita; il numero di figli per ogni donna è sceso sotto la media di due figli, quella soglia che garantisce che una popolazione resti stabile. Se nulla cambiasse e se non si tenesse in considerazione il fenomeno immigratorio, alla fine del secolo in Italia, potrebbero esserci solo 30 milioni di abitanti contro gli attuali 60 milioni circa. Quale futuro si prospetta? Considerato che la popolazione, non solo italiana, è vecchia, la società è costretta a gestire problemi legati anche all’economia visto che gli anziani, che sono la maggior parte, non sono produttivi: non c’è crescita economica, c’è una forte presenza di pensionati, quindi di persone che hanno bisogno di assistenza sanitaria e sociale costando, dunque, alle casse dello Stato. Decrescita e invecchiamento determinano ricadute sul piano geopolitico. Per esempio, la Cina sta cominciando a limitare la crescita della popolazione, mentre in India sta aumentando fino a spodestare il primato cinese. Questo determinerà ripercussioni sugli equilibri mondiali. Non dubito che argomentare su tali problemi non può essere ridotto ad un breve articolo di giornale, ma sono convinto che è sempre opportuno poter esprimere la propria opinione. Come atteggiarci rispetto all’aumento della popolazione e al relativo sfruttamento delle risorse energetiche ed alimentari? Sostengo che due possano essere le alternative. Una di derivazione hobbesiana “homo homini lupus” secondo cui l’uomo è lupo per gli uomini. Con questa espressione vorrei rappresentare quel pensiero secondo cui sarà lo stesso uomo a distruggere se stesso e gli altri se continuerà, imperterrito, a fare guerre, ad usare violenza, a demolire l’ambiente in cui è immerso e, di conseguenza, a fare in modo che la popolazione deflagri su stessa fino a disperdersi nei meandri di un mondo che non ha più i semi per far vivere. Ogni uomo, come una formica in fila, si avvierà al proprio patibolo. Un cosmo annerito che non vedrà più la luce, non avrà più distinzione in un ammasso uniforme in cui le identità saranno disperse. Questa la visione molto tragica che si contrappone a quella che più appassiona il mio cuore, sempre carico di speranza e di fuoco ardente per continuare una vita fatta di bellezza. Auspico che l’alternativa al nero di cui sopra possa essere una fiamma che si accende e che porti in risalto la capacità, tutta umana, di utilizzare la ragione, cosa che ci distingue dall’essere animale. L’uomo può e deve contrapporsi ad ogni egoismo, ad ogni velleità di fare brutalmente affari, di dispiegare le forze malvagie in nome di una capacità, accompagnata dalla forte volontà e intelligenza, a costruire un’armoniosa convivenza tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, in una comunanza di interessi e convivenza fraterna che si dipana anche nella possibilità di educarsi alla sostenibilità, di abituarsi all’educazione ambientale e al rispetto delle persone. Solo questa predisposizione potrà creare una comunità di diritto in cui le norme vengano condivise a garanzia di una convivenza pacifica e tollerante. Tutto questo può portare ad uno status capace di garantire un quasi perfetto equilibrio tra popolazione e disponibilità di risorse che offrono occasione di una vita degna e confacente alle esigenze di una esistenza umana?
PICCOLO UOMO
I mari non sono più abitati dai pesci, gli uccelli non sono più a rincorrersi nell’aria, il cielo è povero di stelle, la luna piange, il sole è immerso da nuvole di seta imbevute di distruzioni. L’universo si corona di paura per un sogno colmo di paura per la fine del gioioso equilibrio raggiunto dal tempo per il suo tempo. La terra non è più abitata da uomini, se non da piccoli uomini, che navigano nell’indifferenza e nella pochezza dell’essere per non essere che un pugno di formiche in un oceano di mondo immondo.