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La cultura è cosa serissima da tutelare e da sostenere

Opinionista: 

Non è che disponga di particolari canali informativi, ma la vicenda del Mercadante – dell’aver disposto la Regione Campania la mancata assegnazione di circa due milioni di finanziamenti – mi lascia più d’un dubbio. Come perplessità mi lascia il coro pressoché unanime di pesanti censure che dal milieu culturale cittadino e dall’ambiente politico della sinistra è piovuto sul Presidente della Giunta Regionale della Campania, Vincenzo De Luca. Per professione di storico, sono portato da sempre a dubitare dell’unanimitas, concetto d’estrazione teologica, altamente legittimante, ma spesso velame d’altre cose: timori incontrollati, sofisticazioni, mascheramenti di finalità perseguite dietro forme dense ed impenetrabili, prevalenza della volontà dei più – di pretesi tutti – sulla ragione intrinseca delle cose. L’unanimità, insomma, lascia pensare e spesso s’accompagna all’intolleranza e non poche volte ai totalitarismi culturali. Ma non voglio andare troppo oltre. La questione, per quel che se ne può dire, è la seguente: la Regione Campania, alias il suo Governatore, ha deciso ex abrupto di non concedere più una bella fetta di finanziamenti a quel teatro cittadino, per non avere condiviso la onerosa programmazione che il consiglio di amministrazione dell’ente avrebbe deliberato senza tenere conto delle coperture finanziarie: sul punto non ho letto smentite. In particolare, il Presidente della Regione ha lamentato che, benché la Regione Campania sia la di gran lunga principale finanziatrice del palcoscenico di piazza Municipio, non siano state in alcun conto tenute le esigenze finanziarie da essa rappresentate nella fase della predisposizione del bilancio. E si siano invece programmati spettacoli e costi ben al di là delle compatibilità preannunciate, con il fine, poi, di ‘ricattare’ l’ente finanziatore, preannunciando conferenze stampa nelle quali sarebbe stata denunciata la ferita inferta alla vita culturale cittadina da chi – il De Luca, in questo caso – si fosse opposto alle coperture a piè di lista. Dal versante opposto della polemica, gli argomenti usati per attaccare chi non ha aperto i cordoni della borsa sembrano, per vero, confermare le affermazioni del Governatore: Dio mio, se Vincenzo De Luca usasse talvolta qualche parola più morbida, non farebbe gran danno alla propria persona: ma non sarebbe Vincenzo De Luca, con le caratteristiche, i pregi ed i difetti con cui lo conosciamo. Questo però attiene alle forme espressive, tutt’altro che irrilevanti, ma pur sempre alle forme espressive. La sostanza è cosa diversa. E quanto il Presidente della Regione denuncia, non può dirsi vana fola. La storia recente ha insegnato a comprendere quanto spesso dietro l’usbergo della ‘cultura’ s’asconda un po’ di tutto: ma soprattutto grazie all’elevato valore che la ‘cultura’ riveste nelle comunità civili, non è difficile che transitino suo tramite interessi, vanità personali, clientele, sperperi e dissennatezze, quanto difficilmente altri artefatti sociali riescono a caricare impunemente su di sé. Non dico, sia chiaro, che dietro la gestione del Mercadante ci sia tutto ciò: dico piuttosto che nemmeno è concepibile che quando si critichi la gestione d’un Lirico, d’un teatro di prosa, d’un luogo espositivo, ci si veda immediatamente rovesciare addosso schiere di intellettuali o sedicenti tali, di manipolatori dell’opinione pubblica, d’inorridite vestali del sapere, che per vero del loro sapere non sempre hanno dato ineccepibile prova. In fin dei conti Vincenzo De Luca ha detto cosa semplice: non si programma à la liste e poi si presenta il conto a chi di ragione. Questo non è modo corretto di gestione della spesa pubblica, né l’ente finanziatore è l’ottuso Pantalone, chiamato a soddisfare i desideri di consumate donzelle, profittatrici delle sue debolezze. La cultura, quella che davvero produce cultura e sviluppo sociale, consapevolezze, partecipazione al benessere e senso di responsabilità per la communitas, è cosa serissima e da tutelare, preservare, sostenere in ogni possibile modo. Ma anche la cultura in senso stretto, lo spettacolo, l’arte e via dicendo, devono osservare condizioni di compatibilità, regole e doveri di sana gestione delle risorse pubbliche: ed è moralmente doveroso tener conto che quelle risorse pubbliche sono prelevate da tanti redditi prodotti da persone che mai avranno accesso a forme raffinate di socialità, tra le quali si collocano indubbiamente il Mercadante e molti dei suoi apprezzati spettacoli. La Comunità ha nel suo etimo il munus, l’onere, la responsabilità del collettivo, sicché nessuno può esentarsene. In nome di nulla si può tentare di forzare le regole della corretta gestione delle pubbliche risorse. In luogo di proclami e sottoscrizioni, di manifesti d’indignati intellettuali ed adirati mentori della negletta cultura, sarebbe stato opportuno chiarire alla pubblica opinione come effettivamente stiano le cose. Reagire gridando alla vulnerata cultura (ammesso pure sia vero in termini oggettivi) significa collocare quest’ultima – e soprattutto coloro che s’ergono a suoi rappresentanti – al di sopra d’ogn’altro giudizio, in una sorta di metafisico mondo delle idee, dove chi ci abita deve poterci soggiornare indisturbato, senza che altri, terrestre strisciante sulla dura gleba, possa interferire o metter bocca: men che meno invocare regole della prosaica finanza. Una visione alquanto platonico-autoritaria delle cose, ben nota, ed assai poco democratica. Non so cosa sia dietro la vicenda; so però che questo genere di reazioni inorridite le ho còlte innumeri volte e le condivido per nulla, non mi paiono né serie né trasparenti: bisogna sempre render conto delle azioni, quando si spendono danari altrui e rispondere a tono, altrimenti s’autorizza ogni sospetto. E non è questo il modo d’invocare e provocare il consenso della pubblica opinione, che va anzitutto informata, non frastornata con vieti luoghi comuni.