La Francia, cattiva vicina. Basta con lo sciovinismo
Cari amici lettori, questa settimana ci sono diverse notizie interessanti, ma ho scelto quella più significativa sul piano internazionale, perché è quella che mi ha fatto incazzare di più. La Francia. Vi sembrerà strano, ma, nella mia attività dilettantistica di traduttore, mi trovo assai a mio agio con spagnolo, portoghese, catalano e provenzale, anche e soprattutto nelle loro espressioni medievali. Mi sono familiari, ormai, anche lingue di altro ceppo, come l’inglese e il tedesco. Il francese no. Me ne sono chiesto il perché e ne ho trovato le ragioni nella storia. L’Italia e la Francia dovrebbero essere sorelle, ma non lo sono. O, forse, sono “sorelle coltelle”. L’Italia è per la Francia come una Cenerentola per le sorellastre, anche se, come Cenerentola, l’Italia è la primogenita. Lasciando perdere Brenno e il “De bello gallico”, troppo lontani nel tempo, possiamo cominciare con Carlo VIII, che invase con il suo esercito l’Italia, ivi compreso il Regno di Napoli, lasciando nella nostra città il “mal francese”, ossia la sifilide. Seguirono i conflitti francospagnoli, per cui il Regno passò alla Spagna. Fu il tempo di “Franza o Spagna, purché se magna”. Ma, restando nei detti popolari, “Tanno sulo fuje Nàpule curóna, quanno regnava casa d’Aragóna”. Poi arrivarono, con gli eserciti francesi, la Repubblica del 1799, cancellata dal popolo che seguì il cardinale Ruffo, e il Regno di Gioacchino Murat, cognato di Napoleone: anche quest’ultimo è ricordato nel detto “Giacchino facètte ‘a légge e Giacchino fernètte ‘mpiso”. Poi, scusatemi per il fatto che non amo la monarchia unitaria, se Nizza e la Savoia sono in Francia, anche Garibaldi e Vittorio Emanuele II con la sua stirpe erano francesi. Questo veloce excursus, oltre ovviamente alle questioni politiche ed economiche che non sono da poco, sta alla base della scarsa simpatia con i lontani cugini d’oltralpe (leviamo da mezzo una fratellanza che non c’è), nonché dei recenti conflitti. I ministri francesi non da ora hanno preso a insultare l’Italia. L’ultima espressione di quest’ostilità è stata il gratuito attacco lanciato giovedì scorso dal ministro degli interni di Macron, tale Gerald Darmanin. Non ho qui spazio né tempo per affrontare l’argomento immigrazione, anche se la Francia non mi sembra possa dare lezioni a nessuno, certamente non solo perché proprio giovedì scorso è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani per aver inflitto un trattamento inumano e degradante a una madre e un bambino richiedenti asilo. Questo, in ogni modo, non è il primo incidente di questi anni. Nel febbraio del 2019 Parigi richiamò l’ambasciatore a Roma a seguito della visita di Di Maio e Salvini ai capi dei “gilet gialli”. L’11 novembre scorso, quando la nave dell'Ong Sos Méditerranée ha attraccato a Tolone, la Francia ha attaccato scompostamente l’Italia (e poi ha fatto in qualche modo scomparire i migranti sbarcati). Ora Tajani ha reagito correttamente alle scostumatezze del ministro degli interni francese (che in Italia hanno indignato anche l’opposizione), annullando un incontro che aveva in programma a Parigi con l’omologa Catherine Colonna e chiedendo delle scuse che non sono arrivate. A mio avviso, il governo italiano dovrebbe essere più duro con questa gentaglia al potere in Francia. Andava richiamato l’ambasciatore a Parigi, dando maggior forza alla richiesta di scuse. Se vogliamo tornare ai vertici dell’Europa, non possiamo tenerci queste insolenze ingiustificate. Scuse formali sono davvero un risarcimento minimo. Si poteva e doveva chiedere il licenziamento di questo Darmanin. Macron non è Brenno, né Carlo VIII, né Napoleone Bonaparte; non credo sia nemmeno all’altezza di Giorgia Meloni. Basta con lo sciovinismo, con una “grandeur” che non esiste più. Imparino il galateo!