La legge c’è e va rispettata
La storia di queste elezioni regionali ha dato un ulteriore contributo allo spirito anarchico, disinteressato al collettivo, tutto sommato asociale, che da sé già caratterizza purtroppo, il tipo umano meridionale. Non mi riferisco alla storia degli “impresentabili”, perché è un’altra delle tristi pantomime che vengono di tanto in tanto messe su per dar vita a sceneggiate produttive solo di dileggio delle istituzioni e di nessuna crescita morale. Per dir di Vincenzo De Luca, neo presidente della Regione Campania: “impresentabile” perché ha un processo che pende a suo carico per una vicenda di circa diciotto anni or sono. Giudichi il buon senso se impresentabile è lui o non piuttosto lo Stato italiano che impiega un tal tempo per portare a conclusione il primo grado – il primo grado – d’un giudizio penale. È chiaro che in un simile contesto, qualsiasi invocazione ad una morale pubblica fa sorridere, pensare alla strumentalizzazione e, nella migliore delle ipotesi, lascia indifferenti, nella peggiore consolida il disincanto del quale siamo ormai tutti impastati. Però, nel caso delle nostre elezioni c’è di più. Perché la vicenda di De Luca dev’essere giudicata non sul piano d’improbabili morali, che nel nostro Paese non hanno mai attecchito e che difficilmente lo potranno in un ambiente dove i protagonisti non riescono mai ad entrare credibilmente in una parte; la vicenda De Luca va giudicata semplicemente sotto il rigore delle leggi. È del tutto pacifico che quel candidato, non potrà, secondo le leggi in vigore, svolgere la propria funzione. A ragione o a torto, è stato condannato in primo grado per un reato che secondo la cosiddetta legge Severino comporta la sospensione dalla carica di pubblico amministratore. Si potrà discutere quanto si vuole della legittimità di questa legge (ed io la reputo legittima ma poco “italiana”); la si potrà giudicare mal fatta, inopportuna o addirittura sbagliata; ma finché c’è, in un normale Paese – in un Paese che abbia cioè nella giusta considerazione il ruolo delle regole – quella è una legge e va dunque rispettata. Così si ragiona nei luoghi in cui il senso della socialità ha uno spazio appropriato e dove si pensa che, certo, tutto può discutersi, ma anche che quando c’è la legge la si potrà anche modificare, epperò finché c’è… Da noi invece si comincia a sottilizzare. E si dice: bah, ci sarà pure la legge ma c’è anche il giudice che la può giudicare incostituzionale. Vero. Ma finché quel giudice non si sarà pronunciato – e da noi è la Corte costituzionale che sola può farlo – non è che qualsiasi leguleio esprime il suo giudizio, discetta finemente e la legge, puff, non c’è più. No, la legge c’è. Questo è tutto il punto. Forse, ma molto forse ed io non ci credo, dopo un lungo causeggiare, la Corte costituzionale potrebbe dichiarare la legge incostituzionale. Ma possibile mai che il partito di governo – quello che più dovrebbe badare alla tenuta delle istituzioni e delle regole – candidi a Presidente, non d’una qualsivoglia Regione, ma della Regione Campania, tra le più infestate dalla criminalità e dalla cultura dell’illegalità, candidi insomma un tale che per legge non potrà svolgere la sua funzione? E che dunque creerà un enorme problema istituzionale, con il rischio che, o la Regione si paralizzerà, o dovrà farsi una legge ad personam o, ancora, che un buon giudice dovrà risolvere il problema: inventandosi qualcosa che comunque coprirà di ridicolo l’intero Stato italiano. Da noi non si bada al simbolico: detto più semplicemente, non si bada al fatto che le istituzioni devono presentarsi credibili, perché sono il luogo sociale della stabilità. E che le parole, che sono in fin dei conti le parole, servono a poco: ciò che conta sono le condotte. E quando ci si mette, con arzigogoli e cavilli, sotto i piedi la legge, il messaggio che, simbolicamente, si trasmette è deleterio, infinitamente distruttivo. Quanto meno, un po’ tutti saranno confermati nel credere che la legge è una rete assai esile: che, secondo un’antica metafora, cattura i pesci piccoli, ma i grandi si fan beffe di essa, semplicemente trapassandola. Tutto ciò vale assai più di tanta vuota retorica, contro la corruzione, contro la criminalità, contro gli impresentabili. Son chiacchiere, ciò che conta sono le condotte, soprattutto quando vengono da chi la legalità assume di voler rispettata.