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La mossa intelligente del manager Messina

Opinionista: 

Il tentativo di Carlo Messina, Ceo di Intesa Sanpaolo, di inglobare il Gruppo bancario Ubi, costituisce la mossa intelligente di uno dei pochissimi manager apicali propositivi e in condizione di mandare avanti, con successo, i propri progetti. Tra le tante tesi che si inseguono sulle prospettive del progetto di Messina, ci permettiamo di esprimerne una che potrebbe sembrare poco credibile, ma che ci appare riguardare uno scenario ampiamente possibile. Per rendere efficace l’ipotesi bisogna brevemente intrattenersi sullo stato attuale del sistema bancario nazionale. Con la convergenza di tutte le formazioni finanziarie europee sotto l’egida di un unico istituto di indirizzo e di controllo, si sono omogenizzati i criteri che regolano l’agglomerato di banche. Ne è derivato che in un ventennio è venuta meno la polverizzazione degli istituti di credito a favore dei grandi gruppi sistemici. Nello stesso tempo si è chiusa la fase secolare delle banche intese come mediatrici tra chi deteneva denaro e chi ne aveva necessità per fare impresa o per esigenze di acquisti immobiliare o di banali contingenze personali e di famiglia. Oggi, e non da oggi, la remunerazione del denaro ceduto in prestito dalle banche è soltanto simbolica ed il margine finanziario garantito dai fidi a breve e da quelli a medio lungo, come i muti, è impalpabile e spesso assorbito dalle perdite massicce sui crediti. Venuta meno la possibilità di lucrare sugli affidamenti, non rimane, in soldoni (perdonate l’associazione di idee), che mantenere in piedi i grandi agglomerati bancari con la vendita dei notevoli patrimoni fondiari, il contenimento dei costi riducendo asset e proprietà mobiliari e sostenere il bluff con grandi operazioni che garantiscano il volano finanziario. La differenza tra Intesa Sanpaolo e gli altri grandi gruppi del mercato, tra cui primeggia Unicredit, è rappresentata dall’arroganza dei registi delle operazioni di mantenimento in vita di un complesso che nelle sue viscere è ampiamente olezzante di fallimento. Messina, infatti, gestisce bene l’aspetto strategico costituito dalle Risorse Umane e tende all’aggregazione ed al mantenimento della rete di sportelli salvando in qualche maniera i marchi e stimolando il personale, ovunque demotivato, al meglio. Altri nella sua condizione, cercano di lavorare solo sulla riduzione dei costi senza pensare che la posizione che consente loro di comportarsi con supponenza da mecenate in terra straniera è garantita da decine di migliaia di impiegati, funzionari e dirigenti; la maggior parte dei quali, per il mancato ricambio, in qualche caso ha vissuto i fasti delle banche che avevano sul mercato una distribuzione di sportelli che all’azionariato assicurava grandi ricavi ed un sorriso da parte di clienti e dipendenti. Questo prima che gli organismi delegati ai controlli ed agli indirizzi dimenticassero di aprire gli occhi determinando uno sfascio di dimensioni epocali che hanno dovuto fronteggiare i depositanti ed i cittadini anche non clienti. Messina in questo contesto è probabile che cerchi di mantenere la centrifuga in movimento aumentando la massa patrimoniale ed il numero di clienti che pagano commissioni su cui è facile lucrare in mancanza di adeguati concorrenti. Questo conservando la figura di banchiere lepido e gentile che serve a conservare il Personale motivato evitando reazioni dirompenti.