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La rovente omelia contro crisi e degrado

Opinionista: 

Se la testimonianza, l’apostolato di un presule, sta nel saper cogliere i momenti più critici vissuti da una città e sentire il dovere di segnalarli con più forza, di individuare le responsabilità dirette e indirette da cui derivano, questa riprova - ancora una volta - è venuta ieri mattina dalla rovente omelia del cardinale Crescenzio Sepe. È noto che il vescovo non ha mai taciuto le preoccupazioni per una comunità - la nostra - ormai in endemica difficoltà per mancanza di lavoro e una crisi che continua a mordere sempre di più le classi deboli. Anzi, non ha mai perso occasione per esternarle, anche in circostanze in cui magari si potevano momentaneamente mettere da parte. Ieri, però, in un Duomo gremitissimo di fedeli provenienti da ogni parte del mondo e davanti a varie delegazioni internazionali, con il suo grido di dolore - riflesso di un’intensa dedizione sacerdotale - il cardinale Sepe ha inteso dare con la sua denuncia “apertis verbis” una risposta razionale e dovuta a una domanda insistente che gli viene rivolta da più parti: perché molto di ciò che si racconta, soprattutto in materia di violenza crescente nelle fasce adolescenziali e giovanili, succede qui a Napoli? Per rispondere, un Pastore ha un doppio dovere da seguire: di natura civica e morale, ma anche e soprattutto nel riferimento più alto di una diocesi, in cui la Chiesa offre da sempre tutto il suo amore per cambiare le cose, affrontare disagi e sconfiggere l’emarginazione. Lo hanno dimostrato in un recente passato tanti Papi e lo sta facendo con particolare fervore Papa Francesco, che il 21 giugno scorso ha significativamente scelto proprio Napoli per una “lectio magistralis” sul dovere dell’accoglienza: la nuova drammatica sfida del nostro tempo, di cui il Mediterraneo è e sarà lo scenario più delicato e la nostra città un approdo naturale, quello storicamente e umanamente più disponibile. Questo dovere di non tacere ieri nel Duomo, anche fuori sul sagrato, ha assunto la forza di una travolgente piena incontenibile. Il cardinale Sepe ha spiegato che devianze, crimini e illegalità storiche quotidiane dipendono in gran parte dal lassismo, dalla negligenza di tutti coloro che per funzioni istituzionali e precisi ruoli ricoperti non hanno saputo risolvere problematiche fondamentali per una società, se la si vuole degna e civile. Troppe volte la scuola ha abdicato al suo ruolo educativo, non ci sono stati luoghi di socializzazione, i servizi più elementari sono stati ignorati mentre le periferie, cui si era promesso un recupero, restano preda delle peggiori emergenze metropolitane. Avendo assistito sull’altare del Duomo alle celebrazioni del Santo Patrono di Napoli, rimanendo colpiti dal volto pallido di indignazione del cardinale Sepe, sentiamo in noi echeggiare le sue parole come moniti per tutti, come un dovere di responsabilità comune e collettivo: il sangue sciolto di San Gennaro è segno di vita, di speranza e di futuro. Fare futuro! L’auspicio ora è che quanto ascoltato e chiesto dall’arcivescovo metropolita di Napoli trovi subito ascolto nei palazzi del potere, a cominciare da Roma. Diversamente, ci saranno conseguenze nefaste facilmente intuibili.