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La seconda ondata delle cialtronate

Opinionista: 

Il disastro dei chiacchieroni. Il Governo, le Regioni, il Cts; e poi le task force, gli Stati generali, i consulenti e chi più ne ha più ne metta. C’è una sola cosa che in Italia dilaga più del Covid: le chiacchiere. Dopo mesi trascorsi a non fare nulla di ciò che avremmo dovuto fare, la seconda ondata del virus mette a nudo tutti i nostri limiti. Mancanza di test, un sistema di tracciamento nei fatti incapace di tracciare alcunché, quarantene interminabili in attesa di tamponi e risultati, ospedali da tenere alla larga, misure straordinarie sempre più dettate dall’emergenza e sempre meno dalla logica: era solo questione di tempo prima che arrivasse il conto. Certo, gli altri non se la passano meglio di noi, ma noi siamo stati i primi a dover reagire alla pandemia. Avevamo un vantaggio che abbiamo bruciato durante lunghi mesi d’inutili vaniloqui.Tempo perso con le inservibili passerelle degli Stati generali; bruciato menando il can per l’aia con immaginari progetti di rilancio (ricordate il piano Colao meravigliao?), mentre 780mila posti di lavoro andavano in fumo; buttato via nominando task force e comitati di esperti che hanno partorito montagne di carte e raccomandazioni. Ciance che non sono servite neanche ad evitare che le file per fare i tamponi diventassero chilometriche, o a garantire che le scuole non richiudessero. Uno scandalo. Per mesi il “Roma” ha sostenuto che bisognava agire subito perché non c’era tempo. Ma il premier, invece di approfittare dei soldi del Mes - diamine, una volta che l’Europa ne indovina una - ha arzigogolato, preferendo la tenuta del Governo a quella del sistema sanitario. È così che siamo giunti impreparati alla meta della prevedibilissima ripresa autunnale della pandemia. Solo ora tutti, finanche nella maggioranza, si chiedono che cosa abbiano fatto a palazzo Chigi negli ultimi 5 mesi. Peccato siano gli stessi che fino all’altro ieri non facevano altro che soffietti all’ex avvocato del popolo per il modo in cui stava affrontando il virus: «È diventato un modello per l’Europa», dicevano. Come no. Oggi - solo oggi - si accorgono con somma indignazione che dal tracciamento al trasporto pubblico, dai tamponi alla movida, nulla è stato organizzato per tempo e l’unica difesa che ci resta è sempre la stessa: chiuderci in casa e rischiare la catastrofe economica. Ma loro - i criticoni di oggi - dov’erano mentre si consumava la tragedia del vuoto delle decisioni? Dov’erano mentre si facevano solo predicozzi inutili? Dov’erano mentre i mesi passavano e il modello sud-coreano a tre T (Testare, Tracciare, Trattare) diventava il modello all’italiana delle tre V (Vedremo, Vigileremo, Vi faremo sapere)? Il problema è che questi geni che il mondo ci invidia non sembrano avere alcuna intenzione di cambiare strada. Bastava ascoltare Conte in Parlamento mentre illustrava il Dpcm varato appena domenica scorsa e già da buttare, superato da una realtà che in pochi giorni ha fatto schizzare contagi, ricoveri e morti. Maggioranza e opposizione non sono riuscite ad andare oltre le solite ciarle, le consuete critiche e le irrancidite difese d’ufficio. Le Camere trasformate in un talk show permanente, proprio mentre occorrerebbe lavorare tutti insieme e seriamente per provare a limitare i danni. Ma come si fa con un premier che non va d’accordo neanche con la sua maggioranza (figurarsi con l’opposizione), mentre il centrodestra non riesce ad andare oltre la demagogia del «va tutto male, piove governo ladro»? Occhio, che se s’insinua il dubbio di un possibile lockdown - totale o parziale - a Natale, gli italiani potrebbero incazzarsi sul serio. Toglietegli la scuola, toglietegli il cinema, il teatro, i concerti, i matrimoni e pure la pizza dopo le 23. Toglietegli tutto, ma non i pacchi di Natale. Perché noi sì che sappiamo distinguere le cose serie dalle vacuità.