La spedizione dei Mille, una strage dimenticata
Sono tra coloro che ritengono doveroso riscrivere alcune “storie” che, volutamente, hanno taciuto accadimenti “ imbarazzanti”. È il caso della storia della spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi che, nel 1860, invasero il Regno delle Due Sicilie, con una guerra non dichiarata, per “liberare i fratelli del Sud dalla bieca dominazione dei Borbone”. Per metterli sotto quella non meno bieca dei Savoia. In realtà, per “annettere al regno sabaudo” gli Stati sovrani del centro e del meridione per fare l’Unità d’Italia. La storia del Risorgimento, quella che ancora oggi si insegna nelle scuole della Repubblica, non fa il minimo accenno alla strage di Bronte. La cittadina della Sicilia, ai piedi dell’Etna, venne dichiarata Contea nel 1800 da re Ferdinando di Borbone e venne assegnata all’ammiraglio inglese Horatio Nelson per compensarlo del contributo dato nella riconquista del Regno delle Due Sicilie, dopo la breve parentesi della Repubblica Napoletana del 1799, repressa nel sangue. Gli concesse, in uso perpetuo, l’Abbazia di Maniace, le terre e la città di Bronte con la facoltà di trasmettere la Ducea non solo ai suoi parenti ma anche ad estranei. E nel 1860 gestivano la Contea i discendenti dell’ammiraglio con metodi “colonialisti”. Nel clima di confusione provocato in tutta la Sicilia dallo sbarco dei Mille i brontesi si ribellarono alla dominazione inglese sperando nell’appoggio di Garibaldi. Ma la spedizione garibaldina era stata finanziata dall’Inghilterra e il Generale non poteva tollerare un simile affronto. Su pressione del console inglese di Catania, John Goodwin, a sua volta sollecitato dai fratelli Thovez amministratori della ducea per conto della baronessa Bridport, Garibaldi decise di reprimere la rivolta e inviò il suo fedele luogotenente Nino Bixio. Il quale si presentò il 6 agosto a Bronte con due battaglioni di bersaglieri deciso a ristabilire l’ordine che era stato turbato nei giorni precedenti dai popolani e dai contadini-vassalli della ducea di Nelson, che, illusi, si erano ribellati rivendicando il diritto all’assegnazione delle terre ed al riscatto sociale promessi dai decreti garibaldini. Appena giunto, Bixio decretò lo stato d’assedio e la consegna delle armi imponendo una tassa di guerra, dichiarando la città di Bronte colpevole di “lesa umanità” dando inizio a feroci rappresaglie senza concedere alcuna minima garanzia e guarentigia alla cittadinanza. Centinaia di brontesi furono brutalmente malmenati e feriti, alcuni in modo grave. Fu celebrata una farsa di processo senza riconoscere alcun diritto alla difesa discutendo e dibattendo il tutto in appena quattro ore. Alla fine, alle 8 di sera del 9 agosto, calpestando ogni simulacro di garanzia, furono condannati a morte cinque cittadini che niente avevano avuto a che fare con i tumulti e le rivolte delle precedenti giornate. E furono fucilati la mattina del 10 agosto nella piazzetta della chiesa di San Vito. I loro corpi rimasero esposti ed insepolti per parecchio tempo come monito alla popolazione.L’eccidio di Bronte è un episodio del Risorgimento, esecrabile quanto lo è la strage compiuta il 16 maggio 1968 dai marines americani a My Lai in Vietnam. Una strage di cui gli americani si vergognano e di cui hanno chiesto perdono ai vietnamiti. E al mondo. Florestano Vancini, scomparso nel 2008, girò un film nel 1972 dal titolo “Bronte, un massacro che i libri di storia non hanno raccontato”, che, dopo una fugace apparizione in pochi cinema, venne ritirato e mai più proiettato perché, secondo la stampa di sinistra, offuscava l’immagine mitica di Garibaldi e di Bixio. In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia ho suggerito al Presidente della Repubblica di chiedere perdono ai cittadini di Bronte, E alla Sicilia. E chiesi alla Rai di mandare in onda in prima serata il film di Vancini. Ma non ebbi risposte. Rifaccio la richiesta al Presidente e alla Rai perché considero doveroso che gli italiani conoscano queste vergognoso episodio del Risorgimento.