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La sveglia tardiva dei sonnambuli

Opinionista: 

Finalmente. Ci sono voluti mesi di omicidi, innocenti morti ammazzati, decine di proiettili vaganti e una faida combattuta a colpi di scorribande armate per accorgersi che “ora a Napoli ci vuole l’Esercito”. Ma davvero? Pare di sì. Ad annunciarlo è stato direttamente il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Perbacco. Peccato che sia lo stesso che a settembre 2015, quando in città l’escalation di spari e violenze mieteva vittime esattamente come oggi, decise di inviare una cinquantina di uomini delle forze dell’ordine come rinforzi. Il “Roma” apostrofò quella decisione come ridicola, la certificazione della resa di uno Stato impotente e incapace finanche di garantire il principale e più essenziale dei diritti: quello alla sicurezza. Sostenne all’epoca il nostro giornale che rinunciare a priori all’invio dell’Esercito in una città in guerra equivaleva ad una resa culturale, prima ancora che militare. Cinque mesi e parecchi morti ammazzati dopo, pare che Alfano abbia cambiato idea. E si sia accorto che a Napoli forse i militari potrebbero essere utili. Benvenuto. Dopo averci ripetutamente raccontato la favoletta bella dei dati sui reati in calo e aver attribuito tutta la colpa alla paura percepita, il Governo è ora costretto ad una precipitosa marcia indietro. Meglio tardi che mai. Intanto si sono persi altri mesi. Mesi durante i quali nuovi piccoli camorristi sono cresciuti. Mesi di sangue e lacrime. Di funerali commossi e ambigui, dove al dolore per i morti ammazzati si è unita la condanna dello Stato assente ma non quella dei camorristi. Mesi in cui si è sparato e si è ucciso impunemente. Durante i quali la paura è diventata il sentimento esclusivo delle persone perbene. Come durante la “stesa”. Quando i guaglioni arrivano sui loro mezzi e iniziano a sparare all’impazzata. Contro i muri, le vetrine dei negozi o i balconi. E allora tutti giù per terra, a sperare che i proiettili si limitino a sibilare sulla testa. Ecco, in quell’immagine di cittadini inermi, stesi a terra, impotenti e terrorizzati ai piedi di un potere criminale folle e crudele, c’è tutto il senso della resa dello Stato. Adesso il Governo promette di cambiare registro. Di far marciare i militari sulla città per contrastare quelli che chiamano “i bambini di paranza” per non dire che si tratta di delinquenti della peggior risma. Cresciuti a pane e pallottole, spesso sull’esempio di padri galeotti e madri pronte a reggere le sorti dell’“attività di famiglia”. Nella speranza che non sia troppo tardi, va detto con forza che l’Esercito a Napoli è necessario. A dimostrare che lo Stato esiste, innanzitutto. A patto però che entri nei vicoli, sia numericamente adeguato, disposto a sporcarsi le mani e possa aiutare davvero poliziotti e carabinieri impegnati in una lotta impari. Occorrono regole chiare e volontà politica di fare pulizia sul serio, sbattendosene delle tirate progressiste sulla repressione. Perché le lacrime non servano solo a sciogliere il rimmel. Almeno stavolta.