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L’autonomia differenziata e l’antiveggente Orlando

Opinionista: 

La recente intervista, rilasciata da Roberto Calderoli, ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, invita a soffermarsi, nuovamente, sull’“autonomia regionale e sulla possibilità di un’autonomia extra anche alle Regioni con Statuto speciale”. L’esperienza della Sardegna sembra evidenziare – chiarisce Roberto Calderoli – la possibilità di un’“applicazione anche alle Regioni speciali dell’autonomia differenziata tanto rivendicata dai governatori del Nord”, prevista dal “nuovo disegno di legge di attuazione dell’articolo 116 della Costituzione”, “quello appunto che apre a maggiori competenze delle regioni ordinarie”. Non solo. Come chiarisce il ministro, il nuovo disegno di legge, per “i finanziamenti supera il criterio (contestato) della spesa storica”, per affermare il “criterio dei costi standard” e “dei fabbisogni standard”, che “non sono la stessa cosa”. “Infatti – precisa Roberto Calderoli – il costo standard si riferisce al costo di una funzione. Il fabbisogno standard è il costo per quella funzione, calato in un contesto geografico e demografico”. Si tratta di “aspetti”, indicati “come presupposto del trasferimento di competenze alle Regioni”, unitamente alla “definizione dei livelli essenziali delle prestazioni”. Una scelta che vuole definire – evidenzia il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie – “i diritti civili e sociali che deve garantire lo Stato, ancorché trasferiti alle Regioni”. Roberto Calderoli chiarisce, quindi, che l’“autonomia differenziata”, “riconosciuta dall’articolo 116 della Costituzione nell’ambito della riforma del Titolo quinto” può consentire ad “una Regione speciale [che] non ha nel suo statuto delle competenze attribuibili a regioni ordinarie”, di “richiederle senza modificare lo statuto”. Solo poche considerazioni, che confermano la prefigurazione di Calderoli. Sembra ancora oggi estremamente attuale il monito che Vittorio Emanuele Orlando pronunciava, in occasione della seduta dell’Assemblea costituente del 13 giugno 1947: “da legislatori vi detesterete come costituenti!” L’autonomia differenziata, rivendicata dalle Regioni a statuto ordinario, non si risolve – come già evidenziato – nella previsione, sancita dall’art. 116, terzo comma, della Costituzione perché, avvalendosi dell’art. 117 della Costituzione, che prevede le materie concorrenti, a cui accedono le Regioni a statuto ordinario, afferma un’“unità organica e mediata di interessi particolari”, su base regionale. Una possibilità giuridica già compresa dall’antiveggente Vittorio Emanuele Orlando. Lo statista la ravvisava nell’ordine del giorno proposto dall’onorevole Bonomi, sulla “costituzione” della Regione, discusso dall’Assemblea costituente nella seduta del 13 giugno 1947: viene prospettato “un ente puramente amministrativo, messo sullo stesso piano di altri enti aventi il medesimo carattere”, “regolati per legge” che “trasforma” la “materia” da “costituzionale in legislativa”. Una scelta che inserisce questo Ente “nella Costituzione, come se si trattasse di una riforma influente sugli ordinamenti strutturali dello Stato”: la Regione, in questo modo – evidenzia ancora Orlando – è posta “sullo stesso piano del Comune e della Provincia”, senza che il Costituente – secondo la convinzione di Orlando – voglia “considerare il Comune e la Provincia come materia costituzionale”. Secondo Orlando, quindi, se si vogliono “considerare alla stessa stregua”, i “Comuni”, le “Province”, le “Regioni”, “come facenti parte della materia regolata dalla Costituzione”, si renderà “fatalmente […] impossibile la legislazione futura”: si verranno a “creare tali conflitti con il potere legislativo dei Governi futuri”, da trovare “insopportabili i limiti” che vengono posti. Come evidenzia, quindi, Orlando all’Assemblea costituente il 22 dicembre 1947, il diritto può essere “concepito non come una imposizione dall’esterno, ma come una qualche cosa di organico, che si sviluppa da sé: pianta, che mette nella terra le sue profonde radici, che alimenta il suo tronco, i suoi rami, le sue foglie, anche le più alte, raccogliendo dall’aria, dalla luce, dalla profondità dell’humus le ragioni della sua esistenza”.