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Lavoro: la sinistra canta, la destra taglia le tasse

Opinionista: 

Andranno per suonare. Ed effettivamente suoneranno, ci mancherebbe altro. Il tradizionale concertone del Primo Maggio, si sa, è un ossequio obbligato. Tuttavia i suonatori  veri, quelli che decidono la scaletta dietro le quinte cosa si suona, come si suona e soprattutto chi la suona e contro chi stavolta finiranno suonati. La ricorrenza dei lavoratori si avvicina, ma quest’anno sarà diversa perché la festa quella vera si svolgerà a Palazzo Chigi. Ma no, che avete capito: a ballare e cantare ci penseranno la sinistra e i sindacati come da tradizione in piazza San Giovanni, a Roma. Il Governo, invece, proverà a dare concretamente una mano a chi fatica a sbarcare il lunario. Sì, perché lunedì prossimo il centrodestra varerà un decreto che promette di segnalare tutta la distanza con chi con il lavoro (quello degli altri) è abituato a riempirsi soprattutto la bocca. Non a caso la mossa di Giorgia Meloni sta già spiazzando e mettendo in allarme la sinistra politica e sindacale. L’Esecutivo di centrodestra si appresta a varare un provvedimento molto atteso, destinato a impattare in maniera significativa su svariati temi: dalla riduzione della tassazione in busta paga all’assegno unico, dalla semplificazione dei contratti a termine alle misure che prenderanno il posto del reddito di cittadinanza. Insomma, la festa del lavoro si trasformerà nella festa del decreto lavoro, con la leader di Fdi che ruberà la scena (anche mediatica) alla sinistra. Si tratterà di un messaggio simbolico molto forte: la destra è in grado di rappresentare il mondo produttivo e le categorie molto meglio dei rivali. Con i fatti, non con le chiacchiere e gli slogan inutili. Uno dei punti più importanti del testo atteso in Consiglio dei ministri, infatti, riguarderà il taglio del cuneo fiscale. Si tratterà di una ulteriore sforbiciata dell’1% per i redditi sotto i 25mila euro lordi, che si aggiungerà a quella già deliberata con la legge di Bilancio. Intendiamoci, a conti fatti il taglio aggiuntivo delle tasse in busta paga che Palazzo Chigi si appresta a varare dovrebbe alla fine infilare nelle tasche di chi ne avrà diritto circa 15 euro al mese. Niente di che. Non ti cambia certo la vita. Il segnale politico, però, è chiaro: il Primo Maggio ci sarà chi suona e chi suda. I primi non cambieranno di una virgola la condizione dei lavoratori; i secondi non faranno certo sfracelli servirebbe molto più coraggio per tagliare le imposte in maniera significativa ma almeno ci proveranno e metteranno qualche soldino in più nelle buste paga dei lavoratori. La sinistra ha capito che dal confronto uscirà con le ossa rotte. Non a caso ha già alzato un fitto fuoco di sbarramento, definendo il decreto «una provocazione» e «solo propaganda» prima ancora di averlo letto. E perché mai dovrebbe essere «una provocazione»? Il taglio del cuneo fiscale, sia pur minimo, non è forse meglio di niente? Così facendo non si garantisce almeno un po’ di potere d’acquisto in più ai salari bassi, che sono quelli maggiormente falcidiati dall’inflazione? Dovrebbero poi esserci incentivi per chi assume a tempo indeterminato: anche questa misura è da buttare? Il ridisegno del sussidio grillino per favorire l’occupazione di chi può lavorare, proteggendo e salvaguardando chi invece non è in grado di farlo, non è forse cosa buona e giusta? Certamente, si tratta solo di un piccolo tassello rispetto alle tante cose che attendono di essere fatte per migliorare sensibilmente la condizione dei lavoratori italiani; ma per ora accontentiamoci. In conclusione, invece di celebrare il lavoro saltellando su un palco, il Primo Maggio il Governo sarà al lavoro per varare un decreto concreto, pronto a garantire un po’ più di liquidità e opportunità agli italiani che ne hanno maggiormente bisogno. A occhio e croce pare una buona notizia. E di questi tempi non è poco.