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Le “eccellenze” in guerra ai tempi del Coronavirus

Opinionista: 

“Vostra Eccellenza, che mi sta in cagnesco er que’ pochi scherzucci di dozzina, mi gabella per antitedesco perché metto le birbe alla berlina” Giuseppe Giusti, Sant’ Ambrogio Prendo spunto da questi pochi versi del Giusti, noto poeta risorgimentale amico del Manzoni, per riflettere sul fatto che “Eccellenza” era il titolo che un tempo si dava specialmente ai Vescovi, ai grandi personaggi del Governo, dell’Esercito e della Magistratura, mentre, ora, si conferisce tale attributo ad attività, mansioni e prodotti svolti coi fiocchi e di prima e pura qualità di adempimento e realizzazione. Nel Ministero, le norme che vietavano espressamente di dare dell’”Eccellenza” al ministro e di inviare circolari agli Istituti e Scuole di istruzione universitaria, furono accolte con sollievo dai tanti burocrati. Credo, però, che molti nostri concittadini si rivoltino sulle sedie, quando sentono politici, sottopancia e i soliti noti presenti in ogni settore della Pubblica amministrazione centrale e periferica e i persuasori televisivi, con la corona dei solitissimi ospiti-esperti, che, alla fine, ti esibiscono l’ultimo loro libro su questo e quell’argomento. Quali eccellenze del nostro Paese, ormai in guerra con questa pandemia del Covid-19, non hanno mostrato tutta la loro insipienza e incapacità di assumere comportamenti e strategie per arginare tragedie personali e/o drammi economico-sociali di portata nazionale? Quello che si è costruito sinora, dopo anni di lavoro e di impegno, svolti dal 1945 ad oggi, nella Sanità, Scuola, Industrializzazione, Economia e Sviluppo sociale, sembra crollarci addosso. Non facciamoci fuorviare dalle promesse di una classe politica e dirigente, che mira (come sempre) a conservare privilegi acquisiti, più che a cambiare e a risolvere i gravi problemi di tenuta sociale dell’intero Paese. La colpa è soltanto ed unicamente dell’Unione Europea?No, essa è principalmente di questa nostra autoreferenziale classe dirigente, dal momento che, negli Organismi comunitari, essa è stata sempre rappresentata da una massa di esperti, con la direttiva politica di non disturbare il manovratore di turno, al fine di crearsi un alibi per non adottare le misure necessarie al fine di cambiare l’assetto istituzionale, economico e formativo di un Paese moderno. Questi non sono momenti per polemiche o promesse di radicali cambiamenti, ma momenti di strategie per uscire da un tunnel che potrebbe dissolvere tutto quanto le passate generazioni, ora sofferenti, hanno fatto per portarci a vivere in un Paese libero e ricco, se rapportato ad altre realtà internazionali. La salvezza, forse, la può indicare (senza retorica ed abuso del “latinorum” o dei recenti “inglesismi” di maniera della nostra attuale classe dirigente), Polibio, politologo greco romanizzato. Infatti, egli così scrive: “….[omissis] … non si deve chiamare democrazia quel sistema nel quale la massa è padrona di fare tutto quel che vuole e ha in mente di fare; quello, invece, presso il quale vige la tradizione e la consuetudine di venerare, avere cura dei genitori, rispettare gli anziani, obbedire alle leggi, e quando in tali comunità prevale l’opinione dei più, bisogna chiamarla democrazia.. “ ed inoltre – precisa e chiarisce - “… quando questa, secondo natura, degenera in oligarchia e la massa, in preda all’ira, punisce le ingiustizie dei capi, lì nasce (di nuovo) la democrazia; a seguito però delle prevaricazioni e dell’ illegalità di questi ultimi democratici, nuovamente col tempo si produce l’Olocrazia (il governo della massa incolta). Ciò detto, da incallito burocrate devo togliermi un sassolino dalla scarpa. Ritengo deviante l’accusa ossessiva e delirante di tanti nuovi Soloni e persuasori televisivi, per i quali la colpa di questo marasma nelle nostre istituzioni è la maledetta burocrazia. Sì, è vero, perché la burocrazia, per sua organizzazione, rallenta tutto e si muove solo su direttiva dei propri sponsor politici. Ma la colpa è sempre dei soliti politici e sottopancia, perché loro li hanno messi là (questi burocrati), in ossequio alle leggi spartitorie del manuale Cencelli, di memoria cattocomunista. Tutti così? No. In ogni schiera, in effetti, ci sono i diversi, i competenti e gli eroi che, purtroppo, sono in minoranza. Infatti, la competenza e il senso dello Stato, per fortuna, sono ancora presenti nelle nostre istituzioni fondamentali e trovano la loro forza e legittimazione nei principi fondamentali della nostra Costituzione. Abbasso, come sempre, la santa raccomandazione. Evviva, finalmente, le sante meritocrazia e competenza. Infine, per tornare “ad hoc”, è intellettualmente doveroso dire che vi sono stati molti errori nella gestione di tantissime strutture residenziali è socio-sanitarie, come le Rsae le cosiddette Case di riposo, errori derivati dal fatto che è stata privilegiata, in questa emergenza, più la cura ospedaliera, che la sanità territoriale. Ora, la cristallizzazione polemica delle differenze economico-sociali tra le Regioni della Penisola è un ricorrente tentativo di divisione sociale, indotto da chi detiene, da sempre, il potere politico e gestionale dello Stato. E ciò avviene per meri fini (in senso lato) di difesa dei propri privilegi, delle proprie rendite e delle proprie posizioni partitiche, giurisdizionali ed amministrative, sia a livello nazionale, regionale e locale. Illazioni di un “quisque de populo”? I conti si faranno dopo la fine (si spera!) di questa guerra dichiarata dal Coronavirus.