Le guerre in corso sono due: in Ucraina e in casa nostra
Cari amici lettori, leggendo i giornali locali, ci rendiamo facilmente conto che le guerre in corso sono due: una nel mondo, della quale abbiamo notizie abbondanti ma fin troppo filtrate dai media, l’altra che ci riguarda assai da vicino perché si svolge nelle nostre strade, nelle nostre piazze, nei nostri locali d’intrattenimento, sulle nostre spiagge. La guerra locale non è più soltanto guerra di camorra o di bande minorili (le sciagurate baby gang). A essa se ne aggiunge un’altra peggiore, se ciò fosse possibile, che, a me sembra, abbiamo importato insieme ai “migranti” islamici: la guerra di tutti contro tutti. Le armi non vengono usate più soltanto contro un avversario (potremmo dire un nemico) appartenente a gruppi concorrenti, per interesse di potere criminale ed economico o anche di semplice supremazia in un territorio o in un locale ma contro un estraneo qualsiasi che, al violento, appare fastidioso. Ciò che è più triste e allarmante è che tutte queste violenze sono opera, in alta percentuale, di delinquenti minorenni. Delinquenti, sì, perché non si può diversamente definire chi porta con sé un’arma non già al fine di difendersi, ma per colpire qualcuno: qualcuno già individuato o anche scelto dal caso. E ciò che ancor più allarma e avvilisce in questa forma di delinquenza è che non appartiene più solo alle famiglie di pregiudicati, ma anche alle “buone famiglie”. L’educazione non esiste più: non ne da più la scuola, non ne da più la famiglia, non ne da più la società, ma arriva ai giovani, rovesciata, attraverso il grande e il piccolo schermo, il network e gli smartphone. Eggià: la scuola fu distrutta dalla rivoluzione del 1968, la famiglia dal potere d’ideologie ostili e dominanti, come quelle dei gruppi di stampo femminista od omosessuale, la società dal globalismo che ci impone in forma subordinata la cultura anglosassone d’oltreoceano. Non ho usato a caso termini anglofoni. Non è difficile rammentare che le guerre di camorra nel 1930 esistevano negli Stati Uniti e non in Italia, che le baby gang le abbiamo conosciute nei film statunitensi di mezzo secolo fa, quando qui da noi erano inimmaginabili, e che anche nelle uccisioni e stragi immotivate i cittadini a stelle e strisce ci hanno preceduto di molti anni. Non vorrei ripetermi, ma è il maledetto globalismo occidentale che sta facendo scomparire la nostra civiltà e tutti i suoi valori, inclusa l’educazione. La seconda guerra, quella che apparentemente è più lontana da noi, sembra in una temporanea relativa quiete. Ma ci sono fatti che inducono cupe preoccupazioni e si riferiscono tutti ai referendum delle popolazioni: l’ultimo, avviato dai russi in Georgia, ha subito scaldato la Nato degli americani che vorrebbe andare anche in quel lontano paese. Questo mi ha riportato alla mente il fatto che dette occasione all’inizio della seconda guerra mondiale. Anche allora si trattò di un plebiscito (la parola italiana sostituita da referendum): quello con cui i cittadini di Danzica espressero la volontà di lasciare la Polonia per la Germania. Ma i plebisciti per la cultura (si fa per dire) occidentale non valgono nulla. Così può avvenire che uno Stoltemberg neghi ogni valore a quello dei cittadini della Crimea, che i cittadini del Donbass non debbano essere consultati e che pure quel pezzettino di Georgia non si debba esprimere. E meno male che l’Occidente vuole rappresentare la libertà dei popoli! Intanto, c’è stata la persecuzione dei no vax ed è in corso la persecuzione dei fautori della pace negoziata. Intanto la burocrazia ha innanzato in questi ultimissimi anni le barriere, già alte, che ostacolano e fanno soffrire i cittadini. Intanto le tasse sono sempre più alte e i pubblici servizi fanno sempre più schifo. Ma siamo proprio sicuri che è questa la civiltà da difendere? Siamo sicuri che la violenza dei giovani ineducati, di cui abbiamo trattato all’inizio, sia un triste editto del destino e non della scomparsa di tutto ciò in cui credevamo, ivi inclusa la liberta?