Le lamentele fuori luogo dello scrittore Saviano
Roberto Saviano in un suo intervento in prima con seguito in due pagine centrali del Corriere della Sera di giovedì scorso, riferendosi alla condanna di soggetti malavitosi che l’hanno minacciato, si piange addosso per il tempo da lui passato sotto la tutela armata dello Stato. Non so perché, ho trovato questa lamentazione fuori luogo ed una mancanza di attenzione per i tanti giornalisti che, tutti i giorni, scrivono di camorra, dell’integralismo islamico, della malavita spicciola ed organizzata sottoscrivendo i propri interventi, il più delle volte senza la scorta od una qualche tutela che attenui i rischi cui si sono con buona volontà assoggettati; e nella gran parte delle occasioni pagati (poco) a pezzo, e senza contratto (mi viene da pensare al povero Giancarlo Siani che ci rimise la pelle per averlo fatto). Che Saviano abbia aperto una carrareccia, diventata un’autostrada nella lotta alla camorra, costituisce un apprezzato dato di fatto. Che nell’opera meritoria sia stato anche fortunato, ne è un altro e l’illustre scrittore ha potuto dissertare dell’ovvio, anche da altri documentato senza seguiti gratificanti, con un appoggio molto partecipativo dello Stato. L’altra fortuna è stata di tipo economico ed è costituita dai milioni di euro incassati per i diritti d’autore e per le partecipazioni a trasmissioni in cui, tra un ragionamento più o meno articolato e l’altro, il nostro autore, vittima di un tic, si è molto grattato. In poche parole, tanto di cappello a Saviano, ma qualche perplessità sul senso di soffocamento che gli hanno dato le misure draconiane nel suo interesse ha adottato lo Stato. Tutto sommato, tutte pagate dai cittadini utenti che in qualche caso hanno assunto negli anni gli stessi rischi con l’unica possibilità di poter far fronte alle conseguenze guardandosi le spalle più spesso di quanto non debba fare da anni Saviano.