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Le migrazioni intellettuali solo dal Sud verso il Nord

Opinionista: 

Ai tempi del boom economico si registrò una massiccia emigrazione di giovani e meno giovani meridionali verso il Nord del Paese. Di questi tempi, i ragazzi del Sud non si limitano a lasciare le loro terre per cercare lavoro all’estero o nel resto d’Italia. Vanno via anche prima, per completare il loro percorso formativo in un’università settentrionale. A spingerli sono, fondamentalmente, due considerazioni. La prima nasce dalla necessità di verificare sul campo le prospettive future di lavoro, orientando le proprie aspettative man mano che si progredisca nell’iter universitario. Il secondo fattore ‘motivante’ è, purtroppo, la migliore fama di cui godono gli atenei di oltre il Garigliano. Per il Rettore dell’Università di Napoli Federico II, Gaetano Manfredi, il fenomeno della migrazione per studio riguarda più il resto del Sud che la Campania e, soprattutto, è originato più dalle condizioni di contesto che dall’effettivo valore della formazione offerta dagli atenei. Insomma, è la migliore qualità della vita che spinge a lasciare le proprie residenze dopo aver conseguito il diploma di maturità, e non la mancanza di strutture universitarie qualificate. In ogni caso, comunque la si voglia vedere, è necessario modificare questo andazzo. Ponendo in essere presupposti che rendano attrattivo il territorio meridionale, molto più di quanto non risulti adesso. E per farlo, ovviamente, si deve partire soprattutto dalla creazione di opportunità di lavoro qualificato. Come è stato giustamente osservato, il problema delle migrazioni intellettuali non sta nella mobilità in sé, ma nel fatto che siano unidirezionali. Da Sud a Nord, e non viceversa. La sfida vera da lanciare, e da vincere assolutamente, è proprio quella di consentire il doppio binario, assicurando contaminazioni virtuose sia in entrata che in uscita. Il mondo globale offre mille opportunità, ed è giusto che i giovani le colgano. Ma, di certo, non è sostenibile, alla lunga, una situazione per la quale andare via dalle proprie radici debba rappresentare una strada obbligata. Tra i motivi del crescente rancore sociale, rilevato impietosamente dall’ultimo rapporto Censis, va annoverato sicuramente anche questo forzato sradicamento, dovuto alle troppo scarse occasioni proposte da un territorio. La responsabilità della classe dirigente, politico istituzionale, ma anche economico imprenditoriale, è quella di trovare soluzioni. Litigando molto meno, costruendo progettualità il più possibile condivise dalla società.