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Le opere d’arte: salviamo la memoria del Novecento

Opinionista: 

Mi è capitato di consultare il lunghissimo elenco dei siti di particolare interesse culturale, storico,artistico e ambientale che, su iniziativa dell’Unesco, fanno parte del patrimonio dell’umanità. Presumendo che le scelte delle opere d’architettura fossero limitate a quelle del passato remoto fino alla fine dell’800, grosso modo, è stato motivo di meraviglia trovare nell’elenco tre opere architettoniche che, per essere state prodotte nella prima metà del ‘900, si è convenuto di definire moderne. Il Parco Güell e la casa Milà a Barcellona di Antoni Gaudì, il Bauhaus di Dessau di Walter Gropius e il Mèmorial de la Paix a Hiroshima di Kenzo Tange. Certo, non c’ è chi non condivida la decisione di trasmettere ai posteri, accanto alle opere di Ictino, Mnesicle, Callicrate, Alberti, Palladio, Brunelleschi, Bramante, Michelangelo..., anche quelle di alcuni grandi architetti del Novecento. La scelta del Bauhaus di Dessau è indubbiamente basata sulla sua importanza, da tutti ampiamente riconosciuta, come matrice dell’architettura moderna. E del “razionalismo”. Però la stessa finalità l’aveva la facoltà universitaria di Mosca, nota come Vchutemass, creata negli stessi anni dagli architetti sovietici Moisej Ginsburg, Alexander Rodchenko, Vladimir Tatlin, Lazar Lissitzky, Leonid e Aleksandr Vesnin, Konstantin Mel’nikov. Idearono il “costruttivismo”. E mentre sono numerosissimi gli architetti e, in genere, gli uomini di cultura che non hanno mai sentito parlare o non hanno mai letto nulla del Vchutemass, di contro non c’è architetto e uomo di cultura che non conosca il Bauhaus. La spiegazione sta nel fatto che le due scuole d’architettura ebbero destini completamente diversi. Il Bauhaus fu sciolto da Hitler perché incompatibile con la “ la grandiosità munumentale” del Terzo Reich e il Vchutemass fu liquidato brutalmente da Stalin perché in contrasto con il “classicismo socialista”. In quegli anni soltanto gli architetti “razionalisti” italiani furono favoriti dalla dittatura fascista, che ne finanziò le opere. Sulla spinta del mondo culturaIe internazionale l’Unesco ha incluso recentemente nel patrimonio dell’umanità alcune delle opere di LeCorbusier, di Frank Lloyd Wright, di Mies Van Der Rohe e di Alvar Aalto. Ma nemmeno un’opera degli architetti del Vchutemass. Lo meriterebbero il Narkomfin di Ginsburg e la Casa Socialista di El Lissitsky, che si caratterizzano per alcune idee che saranno riprese da Le Corbusier nelle “Unitè d’habitation”. E lo meriterebbero le opere di Giuseppe Terragni (la celebre Casa del Fascio di Como, ancora oggi ammirata dagli architetti di mezzo mondo), di Pier Luigi Nervi ( le aviorimesse di Orbetello, lo stadio di Firenze, il Palazzo del Lavoro di Torino, il Palazzo dello Sport di Roma), di Giovanni Michelucci (il ponte delle Grazie e la stazione ferroviaria di S.Maria Novella di Firenze, la Chiesa dell’autostrada ), di Adalberto Libera (la villa Malaparte a Capri, il Palazzo dei Congressi all’EUR, la cattedrale del Cristo Re ), di Luigi Moretti (l’Accademia della Scherma e la Palestra del Duce al Foro Italico, il Watergate di Washington, la Torre della Borsa di Montreal). E lo meriterebbero le opere di altri prestigiosi architetti italiani. Penso a Piccinato, Gardella, Scarpa, Gregotti, Rossi, Cocchia, Piano… Devo però dire che l’inclusione nel patrimonio dell’umanità non è una garanzia di salvaguardia visto che il piccone demolitore non risparmierà uno dei capolavori wrightiani, Taliesin West, costruita nel deserto dell’Arizona, dopo la sorprendente decisione di chiudere questa straordinaria scuola d’architettura, di cui Bruno Zevi ci ha narrato le meraviglie. Ciò nondimeno ripropongo la candidatura di un’opera che, a causa delle spoliazioni, delle demolizioni e delle manomissioni succedutesi nel corso di circa sessant’anni, corre il pericolo di essere cancellata dal paesaggio e dalla memoria della città di Napoli: la Mostra d’Oltremare, realizzata dal fascismo negli anni ’40, annoverata tra le più importanti opere dell’architettura moderna europea.