Le prossime Europee di rimpasto e di governo
Renzi, con il suo stile inconfondibile da anchorman alla Ron Burgundy, sulla Schlein è stato lapidario (giocando sulla filologia potremmo dire tombale): ne riparliamo quando alle Europee prenderà il 41%. Se per lui le Europee furono il picco massimo del consenso politico (sic transeat gloria mundi!), a tali percentuali il Pd non arriverà se non – con grande fortuna – alla metà di quel risultato. Potremmo elencare già oggi gli editoriali "coccodrillo" a commento del risultato: sarebbe un anticipare i tempi con un esercizio di semplice archeologia. Tra le molte scuse, accuse e scuse, senza ritorno di cui parlava De Andrè meritano alcune riflessioni alcune questioni che aleggiano nel nostro Hotel Supramonte a Montecitorio. Da una parte un Pd in cui i big si guarderanno bene dallo scendere in campo: sarà la conta delle componenti con "i candidati espressione di" a misurare quanto conta "l'uomo dietro" e quanto pesa la componente. Una di quelle elezioni terribili, con le preferenze, terrore di politici ormai a caccia del collegio sicuro e della candidatura blindata, refrattari anche alle primarie per la scelta dei candidati (dalle nostre parti da Manfredi ai parlamentari, tutti, di fatto nominati)! Sarà sfida tra i governatori, specie quelli "anti segretario" che daranno la colpa al segretario, e che punteranno sulla sua testa per ottenere la terza candidatura. I conti in casa, il Pd, li sta facendo da adesso, mettendo in fila gli addendi, con le europee a far da linea di chiusura prima della somma totale. Dall'altra i cinque stelle sull'esempio di Di Maio sono impegnati in questi ultimi mesi a far girare curricula, contattare lobbisti per chiudere le ultime liquidazioni di fine (e definitivo) mandato, e in cerca di un'occupazione, riscrivendo la propria storia rispolverando e riscrivendo improbabili e inesistenti distinguo passati. La delegazione di 17 rappresentanti a Bruxelles sarà probabilmente una pattuglia di 6-7 deputati, nemmeno tutti tra gli uscenti: rientranti saranno i lunghi coltelli appena sopiti nella pax contiana. Se contenere e giustificare le sconfitte è sport nazionale atavico dei partiti italiani, dividere e intestare successi e consensi è paradossalmente più complesso. Si rischia che a dividere ricchezza – come si dice dalle nostre parti – si spartisca povertà. In campo centrodestra la situazione è infatti più articolata. FdI è proiettata verso quota 30% e la sfida è con il risultato che prese (nei sondaggi) – e mai più prenderà – Salvini. Ma il rischio è che, schiacciati troppo, gli alleati si sentano politicamente appiattiti e, in cerca di distinguo e resurrezione, scalcino un po’ troppo per la stabilità di governo. Toccherà quindi "lavorare di fino", anche a costo di cedere qualcosa (semmai a Forza Italia) e – come fatto alle politiche – ospitare qualche indipendente piuttosto che strafare. Ma "l'occasione è gradita" (come prima di porgere i "distinti saluti") per un rimpasto di governo, di cui tutti parlano ma che nessuno auspica davvero, se non gli scalpitanti subentranti in pectore presunti tali. I nomi dei papabili candidati sono tanti, da Lollobrigida (che pensava che l'agricoltura fosse altro, di certo meno impegnativa, nonostante la reputazione del mestiere agricolo) alla Santanché, che va difesa a oltranza, ma ormai solo d'ufficio: per lei il turismo potrebbe significare avere più tempo libero per fare altro altrove. C'è poi sul tavolo l'ipotesi Sangiuliano: non che abbia fatto male alla Cultura, ma in cerca di un ruolo forse più politico-amministrativo, con la Campania nel cuore (a dire il vero da sempre): sfida vinta se De Luca non venisse appoggiato dal Pd (perchè il nostro si ricandida a prescindere, anche ad amministratore di condominio), un po’ più complessa in caso contrario. Tutte tessere, per ora, del partito della Meloni, che potrebbe – in caso di super-risultato – dover bilanciare cedendo qualcosa agli alleati, o che la porterà a voler stringere ulteriormente la cinta del fortino. Insomma, tra amministrative ed europee le occasioni sono molte, mancano nove mesi in cui in genere si fa un bambino, ma che in Italia possono significare cambiamenti geologici (perché quelli geopolitici non avvengono mai davvero dai tempi di Tomasi di Lampedusa). Sempre a meno che non si tratti di maternità surrogata, assurto a reato universale in uno dei pochissimi paesi "civili" che non ha ancora ratificato il trattato internazionale contro la tortura. Ad maiora.