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Le regole non si fissano a colpi di maggioranza

Opinionista: 

Ha scatenato, com'era prevedibile, un ampio dibattito la sentenza con la quale la Corte costituzionale ha recentemente dichiarato inammissibile il referendum, proposto da otto Regioni guidate da coalizioni di centrodestra, con il quale si puntava a cancellare nel nostro sistema elettorale la quota di proporzionale. È un dibattito che è inevitabilmente destinato ad alimentare il confronto tra le forze politiche nelle settimane e nei mesi a venire, specie ove si dovesse  prospettare l’eventualità, tutt’altro che remota, di un ricorso ad elezioni politiche anticipate. È una disputa, peraltro, che periodicamente si rinnova quella su quale sia il miglior sistema elettorale, se il maggioritario o il proporzionale. L'uno e l'altro dei due sistemi hanno i loro vantaggi e i loro svantaggi. È fuor di dubbio, infatti, che il sistema maggioritario, limitando la rappresentanza della minoranza, garantisca una maggiore governabilità mentre il sistema proporzionale garantisce un più fedele rispetto della volontà dell'elettorato. Il primo dei due sistemi è, ovviamente, proposto dalle forze politiche che pensano di conquistare nelle prossime consultazioni, un maggior numero di voti; il secondo dalle forze che, pur essendo minoritarie, puntano ad ottenere un maggior numero di seggi in Parlamento. La controversia ha una storia che toccò il suo apice nell'aprile del 1953 quando una legge (impropriamente definita "legge truffa") proposta dalla Democrazia cristiana, previde l'introduzione di un premio di maggioranza che consisteva nel l'attribuzione del 65% dei seggi alla lista, o alle liste collegate, che avessero superato la metà dei voti validi. Per un pugno di voti, tuttavia, la legge non scattò. Rimase così in vigore il proporzionale puro con il quale si era votato nel 1948 che, peraltro, ha subito nel corso degli anni più di un'attenuazione. Al di là delle polemiche legate al recente pronunciamento della Corte costituzionale (polemiche che, a prescindere dal merito, non condividiamo perché riteniamo che la Corte debba essere considerata al di sopra di ogni sospetto, come la moglie di Cesare, se non si vuole alimentare ulteriormente la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni) ci sembra non si possa prescindere da  alcune considerazioni. Commetterebbero un errore quanti ritenessero che la sentenza della Consulta chiuda definitivamente la porta ad una modifica della legge elettorale in vigore, che, per riconoscimento degli stessi che la promossero, si è rivelata, nel tempo, del tutto inadeguata. Una riforma di questo tipo, però, richiede che le forze politiche dimostrino una maturità della quale non sembrano in verità stiano dando dimostrazione.  La modifica del sistema di voto, infatti, deve in primo luogo prescindere dagli interessi contingenti di questa o quella forza, né può essere realizzata a colpi di maggioranza, ma richiede il concorso di tutte le parti in causa. Per qualunque tipo di contesa le regole del gioco devono essere fissate unanimemente da tutti coloro che vi prenderanno parte. È questa una ineludibile regola della democrazia alla quale non ci si può sottrarre.