Le scorte vanno tolte senza se e senza ma
È notizia di questi giorni che il ministro Matteo Salvini intende procedere a una drastica riduzione delle scorte. E intende cominciare col toglierla a Roberto Saviano perché, come disse Pino Daniele in una intervista al Corriere della Sera del 23 novembre 2010: «Voi pensate che se Saviano fosse stato pericoloso i Casalesi non l’avrebbero già fatto fuori?». Del resto è dal 2006 che lo scortano sei poliziotti e in questi tredici l’autore di Gomorra ha dato mille occasioni per attentare alla sua vita. E i Casalesi non ne hanno colta nemmeno una. E non per la particolare efficienza della scorta. Perché i fatti dimostrano che le scorte perfettamente sono inutili. Il 16 marzo 1978 a via Fani a Roma le Brigate rosse massacrarono i cinque poliziotti della scorta e rapirono Aldo Moro che venne ucciso 55 giorni dopo. Il 29 luglio 1983 in via Pipitone a Palermo il Procuratore della Repubblica Rocco Chinnici venne dilaniato dall’esplosione dell’auto bomba imbottita di tritolo e la stessa orrenda fine fecero i due agenti della scorta e il portiere dello stabile, dove abitava il magistrato. Una esplosione assordante e una fiammata accecante, simile a una eruzione vulcanica, straziarono i loro corpi. Saltarono in aria altre auto e il palazzo subì gravi lesioni. Dietro l’autobomba, che aprì la stagione delle stragi mafiose al tritolo creando la duratura immagine di Palermo come Beirut, c’erano un patto scellerato tra mafia militare e potere politico-economico e anche una giustizia “sonnolenta”. Il 23 maggio 1992 in località Capaci dell’autostrada che collega Palermo con, l’aeroporto sono saltate in aria tre Fiat Croma blindate con il giudice Giovanni Falcone, la moglie e cinque poliziotti oltre a numerosi feriti tra poliziotti e civili coinvolti con le loro auto nella esplosione. Il 19 luglio 1992 a via D’Amelio di Palermo lo scoppio di un’autobomba imbottita di tritolo fece saltare in aria il magistrato Paolo Borsellino e i quattro poliziotti della scorta. E potrei citare altre vittime della criminalità organizzata con le loro scorte di poliziotti o di carabinieri, più o meno numerose. Perciò vanno tolte a tutti. Subito. Senza se e senza ma. Segnalo al ministro dell’Interno che l’Ispettorato di Pubblica sicurezza presso il Ministero ha stabilito che esistono 17 personalità “a rischio imminente ed elevato” , alle quali vanno assegnate “scorte di primo livello” con tre auto blindate e una scorta di tre agenti armati per ogni auto; 82 personalità “a rischio alto”, alle quali vanno assegnate “scorte di secondo livello” con due auto blindate e tre agenti armati per ogni auto; 312 personalità “a rischio intermedio”, che comportano “scorte di terzo livello” con due auto blindate e una scorta di due agenti armati per auto e, infine, 174 personalità “a rischio basso” con un’auto blindata e due agenti armati di scorta. Per un totale di 1.013 auto blindate e 2.231 agenti tra poliziotti e carabinieri. Un’analisi delirante basata su “numeri di personalità” e “livelli di rischio” e “uomini e mezzi di protezione” avvolti nel più fitto mistero. Sarebbe tuttavia credibile solo se fatta con la sfera di cristallo. Che l’Ispettorato non possiede. Perciò il ministro Salvini dovrebbe annullare questa analisi. E sciogliere l’Ispettorato. Gli ricordo che Francesco Compagna, illustre cattedratico e grande meridionalista, quand’era ministro dei Lavori pubblici negli anni di piombo, rinunciò alla scorta e quando gliene chiesi la ragione mi rispose: «Se le Brigate rosse hanno deciso di uccidermi lo faranno nonostante la scorta e ci rimetteranno la vita anche gli innocenti poliziotti. Chi decide di fare il magistrato, il giornalista, lo scrittore o l’uomo politico impegnato nella lotta alla criminalita organizzata deve mettere nel conto dei pro e dei contro il fatto di rimetterci la vita».