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Le sentenze del calcio e l’incantesimo del Var

Opinionista: 

L a mappa del calcio disegna le sue sentenze. Maggio, da sempre, è il mese della resa dei conti. Ma quest’anno la serie A conserva un fascino particolare. Lo scudetto, l’Europa League, la salvezza, non era mai successo. E la forza di questi enigmi ha riportato in massa la gente allo stadio, come, al di là del Covid, non accadeva da lunghi anni. Partite giocate all’arma bianca, con la tensione che si manifesta a fior di pelle, con gli arbitri pronti a controllare ogni pallone, perché tutto può essere deciso da un semplice episodio. È il trionfo della Var, mai gettonata come in questo periodo, protagonista assoluta di questo finale di stagione. Uno strumento che, ormai, si muove tra tecnica e psicologia e le cui dinamiche valgono più di un trattato sulla materia. Nei catini infuocati di questi giorni domina, ormai, il senso dell’ attesa. L’arbitro che sospende il gioco, la consultazione con la sala Var, magari il ricorso diretto al video. Tutti fermi, quasi ipnotizzati, col fiato sospeso. In attesa di comprendere se un braccio, una mano abbiano toccato il pallone, se un fallo sia stato dentro o fuori l’area, se quella gamba sia stata toccata o meno. Eccoli lì, tutti con facce di circostanza in mezzo al campo, in attesa che la tecnologia pronunci la sua sentenza su quell’episodio che può decidere una partita, una stagione, magari milioni di euro per la società mentre la folla resta muta di fronte allo sconcerto di quei minuti. Raramente si vive un così spasmodico senso dell’attesa. Magari, quando sta per nascere un figlio, quando si attende l’ esito di un concorso decisivo, quando si sta facendo valutare un referto clinico. Ma il Var ha introdotto l’incantesimo di una nuova religione. Aspettative, speranze, desideri che si condensano, in pochi secondi, dietro il sogno di un pallone che rotola, segnando i capricci e le paure delle nuove generazioni.