L’ennesima “giovinezza” del Teatro San Carlo
Gentile Direttore, ho letto sul Suo giornale la bella intervista fatta alla Direttrice Generale del Teatro San Carlo, dott.ssa Emmanuela Spedaliere, e ne condivido in toto il contenuto. Questo maledetto Covid non solo procura morti e feriti (posto che sembra lasciare strascichi, a volte per tutta la vita a chi ne è stato affetto ed è guarito) in senso letterale, ma fa “vittime morali”indiscriminatamente in tutti i settori e realtà in cui una società moderna e multiforme come la nostra del terzo millennio si esprime. È chiaro che di fronte alla morte fisica non v’è paragone che tenga; la scomparsa dalla vita terrena, anche per gli stessi credenti in un “Aldilà” più luminoso, è un distacco doloroso per chi va via, e per gli affetti che rimangono. È lo stesso “istinto di sopravvivenza” che viene meno, e che Madre Natura ci ha dato per combattere contro tanti “nemici occulti”, com’è anche questa pandemia. Purtuttavia, l’Essere Umano ha bisogno non solo della cura del proprio fisico, ma anche della propria anima. Il grande Socrate addirittura diceva che bisogna curare in primo luogo l’anima per poter poi curare il corpo nella sua interezza. Ed ecco perché apprezzo molto le parole della dott.ssa Spedaliere, quando afferma che la Cultura ha un’importanza fondamentale rispetto all’intera collettività e di come sia anche elemento imprescindibile di fronte a tanti gravi eventi che l’Uomo ha dovuto affrontare nei millenni della sua storia. Che il Teatro San Carlo, poi, rappresenti uno dei “Templi” mondiali della Cultura non v’è dubbio alcuno. Il 4 novembre ha compiuto 283 anni (è il Teatro in attività più antico del mondo), ma con il restauro che è stato ultimato proprio in questi giorni tragici sembra che riviva una ennesima “giovinezza”, dettata anche dall’attenzione che i vertici e le maestranze tutte hanno sempre riservato a questo gioiello della nostra storia, onusta di gloria e di cultura. La musica ha da sempre rappresentato un comune sentire tra i Popoli, e non è un caso che il pentagramma rappresenta l’unico linguaggio universale comprensibile da tutti. Un cinese legge la musica, come un italiano; così come il suono di uno strumento non è dissimile a seconda se l’artista si esibisca al Bolshoi di Mosca o al San Carlo di Napoli. In Europa, poi, nei secoli passati, quando le guerre tra Stati e Staterelli erano un continuo susseguirsi, la musica classica ha significato elemento culturale davvero comune tra Paesi profondamente divisi e diversi tra loro, rendendo la musica stessa l’unico vero patrimonio profondamente ed unicamente europeo. Purtroppo, ancora oggi, la maggior parte delle persone crede che la musica classica sia un qualcosa di molto serio, difficile da capire, associando, invece, solo la cosiddetta “musica leggera” con il divertimento e con lo svago. Ed ecco che la proposta dell’ex ministro Giovanna Melandri, presidente della Fondazione Maxxi di Roma, di rendere la spesa per comprare i biglietti per i Teatri e i Musei deducibili dalle tasse nella stessa percentuale (19%) di come avviene con i farmaci, trova concordi tutti quelli che vedono nella Cultura in genere un elemento essenziale per la crescita e il progresso dell’umanità. Ovviamente, una persona di Cultura, come la Dg Emmanuela Spedaliere è d’accordo su questa iniziativa. È necessario, però, che le forze politiche si rendano conto di quanto sia penalizzante la completa chiusura dei Teatri, di musica o di prosa: viene a mancare anche quella socializzazione, che tanto giustamente s’invoca per una Scuola “in presenza” e non “in remoto”. Io spero che questa pandemia passi presto, e non solo per un motivo personale di “paura”, ma per l’intera collettività, di cui ancora sento l’humus dell’appartenenza. Quando i teatri riapriranno, sarà un bene anche avvicinare ancora di più i giovani alla cosiddetta “musica seria, o classica che dir si voglia”. Molto spesso non ci rende conto di quanta musica classica circondi la nostra vita di tutti i giorni. Anche la semplice “messa in attesa” della segreteria telefonica, o la suoneria di un cellulare, nella pubblicità, e persino nei cartoni animati sono riprodotti brani classici. Questa pandemia, come ho già detto, ha portato non solo morti e feriti nel senso letterale, ma ci sta rendendo silenziosi, guardinghi, egoisti, cattivi quasi. Quando “a nuttata passerà”, come afferma la stessa Spedaliere, avremo sicuramente gli strascichi delle nostre paure, della libertà repressa, degli stessi sentimenti ridotti ad espressioni via web. Ed allora, mi sovviene una bellissima espressione che pronunciò uno dei Grandi della Musica, Johann Sebastian Bach: “La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori”.