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L’eredità morale del notaio Iaccarino

Opinionista: 

Lo sapevamo da sempre, ma oggi ne siamo sempre più convinti, che, al tempo del giornale “Roma” di Lauro di via Marittima, del palazzo della Flotta, dove c’era una processione ininterrotta di gente di mare, la redazione, un alveare giorno e notte, di giornalisti, tipografi, e ancora di professionisti titolari di importanti studi internazionali, tutto allora era una grande famiglia. Nell’arco di anni, di quotidiani incontri, di inevitabili conoscenze, si formarono rapporti di grande socialità, umanità e amicizia, tra personaggi di ogni ceto, estrazione sociale, in una Napoli operosa, che, con la vitalità del suo porto e l’opera di tanti coraggiosi armatori, contava sul serio nel mondo. A farcelo dire, che era una grande famiglia e che tale resta, è oggi il sentimento di sincero rimpianto per la scomparsa di una delle più amate, nobili, prestigiose e umanissime figure di quegli anni: il mitico notaio Carlo Iaccarino, il cui studio era al quinto piano del palazzo della Flotta. La sua giornata di lavoro, di tutt’altro impegno, coincideva solo in parte con la nostra di redattori, destinati, diceva un grande cronista a “variare gli orari” come gli “ormeggi senza preavviso”, per seguire quelli “imprevedibili“ della città, del suo hinterland, del Sud, con le varie edizioni del giornale. Ma lui era talmente affezionato al nostro lavoro, da conoscere tutto ciò che ci accadeva e sentirsi uno dei nostri. E lo era. Oltre a interessarsi sempre alle sorti del giornale, non c’era pratica, rompicapo burocratico, o altro ancora, che non ci portassero direttamente a lui per farli risolvere. Ricordo che prima di domandarci la ragione della visita, anche se lo intuiva benissimo, aveva una sua particolare amabilità a scambiare con noi qualche opinione sulla città: un modo per verificare se il suo intenso impegno di lavoro gli avesse fatto perdere una notizia importante, che servisse sapere da cittadino molto partecipativo. Il tratto tra i più distintivi del suo carattere mite, generoso, affabile che si rifletteva nettamente sul suo volto, sempre sorridente, lo si incrociasse in ascensore e per strada, era la cordialità. Qualità che lo hanno reso molto popolare e apprezzato nella sua delicata professione e nella vita, anche per le significative e prestigiose nomine di console onorario del Perù e di segretario del Corpo consolare, nel cui impegno si è meritato dovunque lusinghieri riconoscimenti: vi teneva molto, considerandoli importanti tasselli di una vita fatta sempre di doveri, anche quando non sembravano tali. Notaio di fiducia del Comandante Lauro, ebbe verso di lui sempre un forte rispetto e un’incondizionata ammirazione per le comuni radici, da “sorrentino a sorrentino” e per quanto Lauro aveva fatto dai tempi, in cui giovanissimo era riuscito a salvare la piccola flottiglia di famiglia in seguito alla morte prematura del padre e a farne, tra molte vicissitudini e anche avversità, nel corso di decenni, una Flotta tra le più affidabili al mondo. Ricordo di averlo sempre visto sereno; ma da quando, per un intrigo scandaloso, favorito da una serie di complicità politiche e da una delle peggiori leggi per il salvataggio delle aziende in crisi, la “legge Prodi”, fu commissariata la Flotta Lauro, il notaio Iaccarino provò una profonda amarezza, che ci manifestò sempre, intuendo come sarebbe finito un grande impero. Come poi fu. In tutta questa storia, vissuta dall’esterno, avrebbe potuto, con l’esperienza sconfinata che aveva di eccellente notaio, trovare legittime motivazioni per restare nel palazzo della Flotta. Ma la sua limpidezza morale, che tanto ce lo ha fatto amare e lo farà sempre ricordare, gli fece lasciare lo studio per un'altra destinazione, in via Santa Brigida, non molto distante, dall’impero del Comandante e di tanti ricordi. Questa è la Napoli con la schiena diritta che ci lascia in eredità il notaio Carlo Iaccarino.