L’eterna giovinezza e il volo di Icaro
È di questi ultimissimi giorni la notizia scientifica, rimbalzata poi su tutti i più importanti quotidiani del mondo e già seguita da una profusione inarrestabile di suggestioni (e interviste), che un gruppo di ricercatori statunitensi e giapponesi guidati dal professor David Andrew Sinclair, biologo australiano dell’Harvard Medical Scholl di Boston in Massachetts, aveva identificato un metodo per "controllare" l'orologio biologico dei topini da esperimento, tanto da ridar loro vista, forza fisica e benessere, fisiologicamente declinate dall'invecchiamento, e consentire così di vivere più in salute e più a lungo. L'eterno desiderio dell'uomo di trovare l'elisir di lunga vita, applicato per ora (e loro malgrado) solo ai piccoli mammiferi, potrebbe infine diventare realtà. L'articolo dal titolo immaginifico, "Loss of epigenetic information as a cause of mammalian aging", pubblicato giovedì scorso sulla prestigiosa rivista scientifica "Cell", in pratica affermava che "l'invecchiamento" - considerato da Sinclair una malattia né più né meno addirittura del cancro - "è un processo reversibile e può essere portato in avanti o all'indietro a proprio piacimento". La cosa è, per quanto estremamente attrattiva, quantomeno sconcertante. Immaginare di "accelerare i processi di senescenza – come quelli innescati dall'esposizione al sole o a sostanze chimiche tossiche – manipolando l'epigenoma, un insieme di fenomeni che modifica il Dna senza alterarne la sequenza" se da un lato è rivoluzionario, tanto quanto le ali di Icaro, dall'altro corre il rischio di spingerci verso una catena di "manipolazioni" dai risultati incerti e al meglio infruttuosi. Di buono lo studio ha che "l'epigenetica è quella componente della genetica che determina cambiamenti nel fenotipo (l'insieme delle caratteristiche morfologiche e funzionali di un essere vivente) in assenza di modifiche al genotipo" e che lavorare su di essa risulterebbe essere eticamente possibile e accettabile. Sarebbe - dicendolo con parole divenute ormai di uso comune e che possono aiutarci a semplificare la questione - come aggiustare il software di un computer lasciandone intatto il suo hardware. Secondo quanto riportato dallo stesso Siclair in una intervista rilasciata alla Cnn il giorno dopo la pubblicazione dell'articolo, "i nostri corpi contengono una copia di backup della nostra giovinezza che può essere attivata per rigenerarsi". Gli esperimenti combinati avrebbero sfidato la convinzione scientifica che l'invecchiamento sia il risultato di mutazioni genetiche che minano il nostro Dna, creando una discarica di tessuto cellulare danneggiato che può portare al deterioramento, alla malattia e alla morte. "Non è vero che tutti i processi di deterioramento tessutale siano governati da Dna rotto o dal cosiddetto Dna spazzatura, non è un danno che ci fa invecchiare", aveva già detto Sinclair l'anno scorso a Life Itself, descrivendo il lavoro multicentrico allora ancora in itinere. “Crediamo che vi sia una perdita di informazioni – una perdita della capacità della cellula di leggere il suo Dna originale in modo da dimenticare come funzionare – più o meno allo stesso modo in cui un vecchio computer può sviluppare software corrotto". "Io la chiamo la teoria dell'informazione dell'invecchiamento", aveva concluso il ricercatore australiano. "Per invertire il processo di invecchiamento e ringiovanire" - secondo quanto riportato da Andrea Centini su Fanpage - basterebbero tre dei quattro famosi “fattori di trascrizione di Yamanaka” (Oct4, Sox2, Klf4 e cMyc – OSKM), grazie ai quali è possibile riprogrammare le cellule e riportarle allo stadio di staminali pluripotenti (che possono differenziarsi in qualunque cellula adulta dell'organismo). Questi composti iniettati in topi ciechi hanno infatti consentito loro di recuperare gran parte della vista. Con la stessa tecnica Sinclair e colleghi avrebbero ringiovanito anche le cellule dei reni, del cervello, dei muscoli e altre ancora. Le lancette si sarebbero di fatto spostate indietro nel tempo riportandole a uno stadio più giovane del 50 – 75 per cento, senza tuttavia fortunatamente arrivare mai al "punto zero", perché, come spiegato dagli stessi scienziati, ciò scatenerebbe il cancro “o peggio”. Insomma un'affascinante strada futura da dover percorrere in punta di piedi e con tutti gli accorgimenti regolatori possibili, ben sapendo che, al di là degli opportunismi accademici ed economici, sono in gioco le speranze, i sogni e le opzioni future contro malattie e morte dell'intera umanità. A cadere in questo caso, infatti, non sarebbe solo un uomo che sognava di volare ma l'intera umanità desiderosa come non mai di forzare le leggi di una Natura che resta - per fortuna - ancora sovrana.