Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Letta, le dimissioni nel deserto delle idee

Opinionista: 

Ormai, le sedi istituzionali si sono spostate altrove e, in un Parlamento dove tutto sembra confuso frastuono, nessuno, giustamente, ha più voglia di annunciare alcunché. Meglio una tranquilla tribuna televisiva, l’audience di qualche milione di spettatori per comunicare il suo messaggio. Non stupisce, quindi, che Enrico Letta abbia scelto il programma della domenica di Fabio Fazio per annunciare le sue dimissioni dal Parlamento, prendendo in contropiede la classe politica italiana. Continuerà a fare politica, in modo diverso, assolutamente nuovo. E, nel frattempo, sarà a Parigi a dirigere la Scuola di affari internazionali di Sciens Po, una scelta culturale. Solo chi non conosce la politica può meravigliarsi di annunci di questo tipo. Le assemblee elettive, a qualsiasi livello, sono state, ormai, svuotate di ogni significato ed il futuro si addensa di ulteriori incertezze. Fare il parlamentare, oggi, conta davvero poco. Quasi impossibile condurre in porto un qualsiasi disegno di legge, far sentire forte la voce del proprio territorio. Tutto si sviluppa attraverso i decreti legislativi e le scelte di governo. Si respira un profondo senso di frustrazione sia a Montecitorio che a Palazzo Madama. Ma, attraverso il solito disco dei tempi lunghi della politica, dei mesi persi tra Aula e Commissioni, il decisionismo, il cesarismo sono diventate le etichette di un’Italia segnata dal vento della crisi. Attraverso questa strana metamorfosi, i veri leader non siedono più in Parlamento (Renzi, Grillo, Salvini, Berlusconi), molti preferiscono continuare a far politica attraverso altre strade (Veltroni, D’Alema, Castagnetti, oggi Letta), tutto sembra decidersi, ormai, in altre stanze dove più che le logiche sociali dominano gli interessi e i profitti economici delle grandi imprese. E’ un fenomeno nuovo, da valutare con curiosità ed interesse. In realtà, il peso specifico delle istituzioni denuncia un crollo verticale. Il dibattito delle idee è sempre più povero e limitato, non esistono più nel Paese grandi battaglie ideali, tutto sembra, da anni, confinato nella sfera del privato. E sembra più facile parlare alla gente con un libro, con un film, con una trasmissione televisiva ricca di contenuti veri. E poi, non dimentichiamoci il logorio di un’attività politica. Un mestiere sicuramente usurante per chi lo fa seriamente. Senza orari, senza limiti di tempo, che si sviluppa, spesso, sette giorni su sette, in un rodeo di appuntamenti, impegni, eventi, conferenze, interviste, scelte strategiche capace di sfiancare ogni resistenza. Un’attività che, paradossalmente, azzera ogni tipo di interesse, lasciando pochissimo spazio alla propria famiglia, alla propria professione, alla propria vita. È il quadro della realtà politica, soprattutto nel Mezzogiorno, una cornice stretta per chi pregustava altri scenari. Ed è anche per questo che la classe dirigente del Paese tende, giorno dopo giorno, a peggiorare. Perché la politica, in molti casi, allontana il mondo accademico, la sfera delle professioni e resta affidata a chi non ha un vero mestiere e non ha, spesso, quel minimo di cultura amministrativa, ma direi più largamente generale, per affrontare una trincea difficile e complessa come quella amministrativa. Non deve meravigliare, quindi, la scelta di Enrico Letta. C’è dentro il coraggio di chi si vuole reimpadronire della sua vita, senza lasciarsi logorare dalle piccole, modeste furbizie che caratterizzano, oggi, la politica italiana. Stai sereno Enrico, lo svuotamento dei Palazzi è solo all’inizio.