L’Europa boccia Landini: terzo “sì” per il governo
Nei giorni scorsi il leader della Cgil Landini e la sinistra “schleinizzata” hanno offerto al Paese uno degli spettacoli più confusi, babelici, contradditori della politica italiana, con la manifestazione di protesta, indetta dal sindacato veterocomunista e dal suo domestico vivaio di cespugli e cespuglietti contro il governo Meloni. Potrà apparire tardivo tornarvi, oggi a spingerci a farlo, dati alla mano, sono una serie di risultati positivi e di obiettivi raggiunti da parte del governo Meloni , messo sotto accusa in modo pretestuoso e strumentale. Dati che sbugiardano malafede, i biechi allarmismi, le falsità di una sinistra consociativa, da sempre nella stanza dei bottoni e che quando ne è fuori, perché un voto democratico l’ha destinata all’apposizione, non solo non se fa una ragione, ma presume addirittura di imporre alla maggioranza di governo una sua agenda politica. Come dimostra anche il “forfait” ier l’altro di Landini, all’incontro con il governo sulla finanziaria. Un comportamento sindacale arrogante, già emerso nella recente mobilitazione nazionale della Cgil, definibile: un fiume di veleni. Stavolta però per la sinistra e il suo neoleader Landini- autocandidatosi a guidarla a Piazza San Giovanni, il luogo delle “magnifiche e sorti progressive”- c’è un seguito di totale disfatta . Le sue insultanti insinuazioni nei riguardi del centrodestra, addirittura di manomettere e non rispettare la Costituzione non trovano ascolto, sono state bocciate in Italia e in Europa. In un breve arco di un mese, ottobre, per ironia della sorte, quello più caro alla storia della sinistra rivoluzionaria bolscevica, il governo Meloni ha registrato una serie di inconfutabili successi. Mai un’asta per vendere titoli di Stato si è rivelata così ricca di significati, finanziari ma anche politici, come quella lanciata il 2 ottobre per il nuovo Ptp Valore, partita molto bene già nel primo giorno di collocamento. Anche la disoccupazione è ai minimi storici dal 2009: il nuovo record per il mercato del lavoro, sceso ad agosto al 7,3%, conferma che la forza dell’export regge e spinge il sistema Italia nonostante la congiuntura non facile. Ma c’è di più: avendo riportato la cultura del lavoro al centro dell’agenda politica ora si può meglio sconfiggere il lavoro povero, dando più spazio alla contrattazione collettiva. Un tema scottante, su cui finalmente si è pronunciato anche il Cnel, quel Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro - il più indicato a farlo come prevede la Costituzione all’art. 99, per ciò che attiene la funzione degli organi ausiliari - troppo a lungo muto e “poltrona di quiescenza o di acquiescenza” riservata agli ex leader sindacali. Malgrado gufi e Cassandre la situazione complessiva, in vista della Finanziaria, è giudicata molto favorevole da Visco, il Governatore della Banca d ‘Italia Visco ha affermato: “La fiducia nell’Italia c’è, anche per le sue politiche del bilancio“, e ha aggiunto: “Il governo ha fatto meglio di quanto molti si aspettassero. Ora bisogna soltanto puntare a crescere”. La notizia che però ha spazzato via ogni pessimismo e ha ammutolito i denigratori dell’ esecutivo, da Landini a “Elly-Spot”, la speaker del Pd da carosello, è venuta dall’Europa, con l’annuncio dell’avvenuto versamento della terza rata di 18,5 miliardi relativi al Piano di ripresa e resilienza. Miliardi che non si danno per simpatia, ma dopo una verifica rigorosa sul rispetto degli impegni assunti, voce per voce e nei tempi stabiliti, un esito importante, sottolineato anche dal Presidente Mattarella con un messaggio di ringraziamento al ministro Fitto per l’opera svolta. Non dimentichiamo che sui presunti ritardi di questa rata si stava imbastendo una strumentale polemica per mettere in cattiva luce la premier. Il sindacato della sinistra dov’era quando i governi Conte nascevano senza un visione di Paese in base solo alle convenienze, di volta in volta, di chi ci stava e a un contratto di governo da foro boario? Landini meglio avrebbe fatto a svegliarsi prima anche sul deficit Sanità, su cui giova dire che dal 2010, tra esecutivi tecnici e di centrosinistra, al Sistema Sanitario Nazionale sono stati tolti 37,5 miliardi, a documentarlo è l’Osservatorio della Fondazione Gimbe.