L’eurosfida di Giorgia e il dietrofront necessario
Fare dietrofront ordinando avanti march. Il dilemma di Giorgia Meloni è questo: assunto che aver fatto saltare lo sconto sulle accise dei carburanti è stata una fesseria, come fare a tornare indietro sostenendo che invece si sta tenendo il punto? La manovra è in corso, come dimostra l’annuncio che il Governo è pronto a cambiare il decreto. Ma è solo un primo passo. Sta di fatto che è di capitale importanza fermare sul nascere questa slavina, in quanto ogni giorno di ritardo con cui si procede aumenta la gravità degli effetti dell’errore commesso. Prima si archivia la pratica meglio è, anche perché ci sono altri problemi all’orizzonte. Quest’anno l’Italia si troverà ad affrontare la transizione da un clima fiscale e monetario espansivo a uno fortemente restrittivo. In questo nuovo contesto i più vulnerabili saremo noi, in quanto massimamente esposti a causa dell’enorme debito pubblico. La tenaglia formata dall’aumento dei tassi d’interesse e dalla riduzione, a partire da marzo, degli acquisti da parte della Bce dei nostri titoli di Stato, è molto rischiosa. Anche se si verificassero i due eventi in grado d’indurre all’ottimismo - la riduzione non solo temporanea dei prezzi del gas e l’ipotesi di una tregua sul fronte russo-ucraino nei prossimi mesi - è bene essere consapevoli che l’inflazione si manterrà su livelli elevati. Questo renderà fondamentale per il Governo due cose: approvare misure pro crescita e realizzare il Pnrr. Senza ulteriori dilazioni che il contesto esterno non consente più. Attenzione però: i vecchi equilibri in Europa si stanno rompendo; l’Ue a trazione franco-tedesca si può dire ormai archiviata; la guerra ad oltranza in Ucraina sta modificando in profondità la mappa del potere globale, e ora apre potenziali spazi di manovra per l’Italia. Ma bisogna saperli cogliere. La Germania ha subito un colpo durissimo dal conflitto: gli americani sono riusciti nel loro intento, ricercato da tempo, di spezzare il filo energetico che teneva legati i tedeschi ai russi. Questo ha provocato una reazione a catena che ha messo in crisi l’asse franco-tedesco. La prima risposta teutonica a questo choc è stato il riarmo: per la prima volta dal 1945 la Germania ha deciso enormi spese militari, mettendo sul piatto 100 miliardi di euro. Ciò ha provocato, di fatto, il venir meno della divisione dei ruoli su cui si basava il vecchio asse con la Francia: a Berlino il compito di locomotiva economica europea; a Parigi la gestione della difesa, data la sua dotazione nucleare e il posto nel Consiglio di sicurezza Onu. Il sogno macroniano di una politica di difesa europea a conduzione francese si è frantumato sullo scoglio di Kiev. Di contro Roma sta entrando in alcuni ambiti geopolitici e militari con il benestare Usa: l’esclusione proprio di Parigi dal programma che vede Italia, Regno Unito e Giappone insieme per la costruzione del nuovo caccia supersonico “Tempest”, che ha fatto andare l’Eliseo su tutte le furie, ne è la prova più lampante. È questo il vero retroscena che sta dietro lo scontro Meloni-Macron sui migranti. Di conseguenza va considerato che la Francia tenderà ad avere un atteggiamento ostile all’Italia. E siccome nell’Ue e nella Bce Parigi pesa non poco, bisognerà fare attenzione a non offrire pretesti. A iniziare dalla ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Non farlo vorrebbe dire ripetere l’errore del governo Conte 1. In tal caso l’Esecutivo scoprirebbe il fianco a possibili attacchi francesi e si troverebbe in posizione sfavorevole nel negoziato sulla modifica del Patto di Stabilità e sul Pnrr, che sono le vere partite che in Europa non possiamo sbagliare. Per fortuna tutta la faticosa correzione di rotta in corso dentro Fdi sembra indicare che alla fine il Mes sarà comunque approvato. La verità è che l’Italia è “condannata” all’armistizio con la Francia, perché averla nemica è più un pericolo che un’opportunità. È questa l’eurosfida della Meloni per l’anno appena iniziato.