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L’Italia prigioniera di una crisi surreale

Opinionista: 

L’Italia ostaggio di Conte e Renzi. L’indecente pantomima che va avanti tra il premier e il senatore fiorentino si è fatta insopportabile. Un teatrino che ricorda i peggiori rituali della Prima Repubblica. Crisi al buio, rimpasto, verifica, nuovo patto, reincarico: è tornato in auge tutto il lessico della palude partitocratica. Con l’aggravante che oggi i partiti non hanno più alcun radicamento nella società. La Nazione assiste attonita ad una discussione di palazzo autoreferenziale e totalmente avulsa dalle emergenze e le reali esigenze di famiglie e imprese. Invece che ai posti di lavoro si continua a pensare ai posti di governo, invece che a un piano per evitare il fallimento delle attività economiche si pensa ad un piano per evitare il fallimento della maggioranza. La crisi di governo è diventata una partita a poker talmente surreale che, indipendentemente da come finirà, produrrà un solo esito: far perdere ulteriore tempo prezioso all’Italia che di tempo ne ha sempre meno. Le modifiche alla quarta bozza del Recovery Plan dimostrano quanto ormai il piano per i fondi europei sia stato degradato a strumento della resa dei conti nell’Esecutivo. Ma quel piano serve alla ricostruzione dell’Italia e soprattutto del Sud, non a riattaccare i cocci di un Governo a pezzi. Per accontentare le richieste di tutti, sono stati tagliati i finanziamenti per l’innovazione del sistema produttivo. Inoltre, per dare al Sud ciò di cui ha diritto sono stati presi ben 20 miliardi dai fondi di coesione da qui al 2027 che già appartengono al Mezzogiorno. Un gioco delle tre carte che rischia di essere bocciato dall’Europa. Il tutto mentre si assiste a un tatticismo esasperato per riscrivere i segnaposti in Consiglio dei ministri, una guerra di posizione in cui nessuno sembra davvero aver capito che la vera posta in gioco è la tenuta dell’Italia. A beneficio degli immemori sarà bene ricordare a tutti le parole pronunciate da Mario Draghi: «Siamo sull’orlo di un precipizio d’insolvenze, specialmente di piccole e medie imprese, soprattutto quando i programmi di sostegno andranno a terminare e il patrimonio netto delle aziende sarà divorato dalle perdite. I crediti deteriorati sono una minaccia soprattutto per la capacità delle banche di sostenere l’economia». Ecco, è di questo che stiamo parlando. Altro che cabine di regia e deleghe sui Servizi segreti. Il piano per usare i soldi dell’Ue sarà stato pure riscritto 4 volte, ma le cose più importanti - i progetti e il cronoprogramma - continuano ad essere assenti; le imprese hanno visto pochi ristori e non sanno se dietro l’angolo ci sarà ancora il lavoro; le famiglie ignorano se domani i loro figli avranno un’istruzione e non hanno più fiducia. È la fotografia di una classe politica che ha perso il contatto con la realtà e vive di annunci poi puntualmente smentiti dai fatti. In questo quadro è comico l’appello di Di Maio che si dice spaventato dalla crisi perché teme di perdere i fondi europei: qualcuno lo avverta che per perderli basta continuare a fare ciò che sta facendo l’Esecutivo di cui il suo partito è azionista di maggioranza. Il bailamme di queste settimane mostra la disintegrazione definitiva di un equilibrio politico in crisi da tempo, chiamando tutti a un grande sforzo di responsabilità nei confronti degli italiani. Se la crisi si chiuderà con un Conte-ter, allora sarà stata una sceneggiata del potere per il potere, che travolgerà anche i molti argomenti di merito condivisibili messi in campo tardivamente e strumentalmente da Renzi. È evidente che l’Esecutivo è finito. Serve un nuovo Governo che impegni tutte le forze che sentono la responsabilità della Nazione. Continuare a condannare l’Italia a questa palude vuol dire affondare tutti.