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L’Italia è un Paese libero e democratico

Opinionista: 

C ari amici lettori, da quando io ero un bambino che cominciava a frequentare la scuola media, continuano a ripeterci che l’Italia è un Paese libero e democratico, sicché tutti coloro che per natura non sono portati a riflettere e anche tutti quelli che, per pigrizia o perché in altro affaccendati, non si soffermano sullo stato della nostra società, accettano questo mantra. In filosofia, ben vero, si dubita che democrazia e libertà possano convivere. Senza scomodare l’immenso Platone, Horkheimer, il direttore della scuola marxista di Francoforte, che ebbe fra i suoi allievi Adorno e Marcuse, affermò che democrazia e libertà sono inversamente proporzionali, vale a dire che quanto più una società è democratica, tanto meno liberi sono i cittadini. Se questo è vero, l’Italia di oggi è un paese sicuramente democratico, in cui la libertà è un grazioso omaggio del potere a ristrette categoria di persone, come gli assassini, i musulmani, i mafiosi, gli antifascisti e i camorristi. Ma come? – mi dirà qualche ingenuo – la Costituzione, all’articolo ventuno, recita: “Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione”; e non è questa la sacrosanta libertà dei cittadini? Beh, se è per questo, il primo articolo di quel libro dei sogni, che è la legge fondamentale della Repubblica, attribuisce al popolo la sovranità. Sì, è vero che il governo “Conte II”, anche se insediato al solo scopo di impedire al sovrano di far sentire la propria voce, non è per questo incostituzionale, ma vi ricordo che, quando i cittadini hanno provato a esercitare la sovranità con i referendum, le loro decisioni sono state costantemente disattese. Ad esempio, la responsabilità dei magistrati, pretesa da una larga maggioranza degli elettori, non è mai diventata realtà. Vabbè, insisterà l’ingenuo interlocutore, ma nella Costituzione ci sono tanti sani principi, che la rendono, come taluno pubblicamente opinò, “la costituzione più bella del mondo”. Prendiamo allora un’altra norma fondamentale, l’articolo tre, e leggiamo che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale… senza distinzione… di opinioni politiche”. Bello, vero? Senza ancora arrivare al giorno d’oggi, vi ricordo che sui teleschermi, all’epoca monopolio dell’ente statale che si regge sul canone imposto ai cittadini, vedemmo molti personaggi di infima categoria, ma non vi comparvero il più grande attore italiano (Giorgio Albertazzi), reo di non aver mai ripudiato la propria adesione alla RSI, e il più grande cantautore (Fabrizio De André), il quale, essendo un fascista dichiarato, ha potuto raggiungere una notorietà universale soltanto dopo morto. Perché, mi chiederete a questo punto, hai messo in mezzo questo discorso proprio questa settimana? Che cosa è successo di nuovo? Sono successe due cose, una grande e una piccola, dalle quali appare evidente che questo paese, anche se forse ancora democratico, è sempre meno libero. La cosa grande è il caso Segrè. La senatrice sopravvissuta ai lager è una degnissima persona e, oltretutto, ha accresciuto la nostra stima accettando l’incontro richiestole da Salvini, considerato, dagli antifascisti e dal governo vaticano, Satana in persona. Ella merita assai, ma i suoi sostenitori in parlamento assai meno se è vero, com’è vero, che hanno approfittato della maleducazione dei social-maniaci per approvare una legge che, di fatto, vorrebbe sopprimere l’articolo ventuno della Costituzione. La maleducazione, invero, è molto deplorevole, ma non è cosa nuova. L’altro ieri il Tribunale di Lecco ha condannato don Giorgio De Capitani, parroco della Brianza lecchese, che nel 2015 pubblicò ben 624 articoli contro il leader leghista e, nel corso di una trasmissione radiofonica nazionale, sarebbe arrivato ad arrogarsi “il diritto di uccidere Salvini”. Un pensiero, il suo, in linea con “Famiglia Cristiana” ma non con il Vangelo di Cristo. I garbati appellativi del parroco postconciliare erano tutti di natura scatologica (attenzione, non escatologica) e culminarono con questa frase: ”La merda richiama merda. Salvini è stato uno schizzo che è salito un po’ più in alto, destinato ora a raggiungere la tana dei topi di… fogna”. Badate bene, questa improvvisa iniziativa parlamentare dei veri democratici arriva dopo la lunga inerzia verso ingiurie e minacce di matrice islamica, che non sappiamo se sia nei propositi giallorossi perseguire. La cosa piccola, invece, è il caso Krancic. Apprendo solo ora, da un suo scritto, che l’eccellente vignettista de “Il giornale” è stato bannato, due anni orsono, da Facebook e non gli è permesso tornarvi. In verità anche l’immenso Forattini non è di moda sui media di regime, per i quali non c’è altro vignettista che Vauro. Sì, è una cosa piccola, ma vi dà la misura del livello cui è giunto il liberticidio degli “antifascisti”. Nel ventennio della “oppressione fascista” la satira aveva più spazio: basti ricordare “Il travaso”. Mi sa che prima o poi dovrò rifugiarmi sull’equivalente russo di Facebook: ho già un account, ma non l’ho utilizzato finora. Aspetto di vedere a che livello avranno il coraggio di arrivare i liberticidi democratici.