L’Italia va, Meloni più forte ma la sinistra crea tensione
Schlein, Conte & cespuglietti vari – con le loro polemiche strumentali, tese solo a creare tensioni fra Governo e Ue – vedi l'ultima (finita in bolla di sapone come tutte le altre) quella sui controlli della Corte dei Conti al Pnrr, preconizzano disastri e sfaceli perché il governo Meloni sarebbe “incapace e inadeguato”. Eppure i numeri continuano a sbugiardarli, ribadendo, che le cose vanno ancora meglio delle previsioni Istat di aprile e l'Italia ancora il Paese che cresce più di tutti. Il Pil dell'eurozona infatti, nel primo trimestre 2023, si è attestato allo 0,1%, quello francese allo 0,2, il giapponese allo 0,4 e il tedesco è, addirittura, arretrato dello 0,3%. Il nostro – a dispetto “re' ciucciuvettole ru' malaùrio” e del Nobel all'economia 2001, Stiglitz che sulla “Stampa”, sostiene di non conoscere l'Italia, ma non si fa scrupoli a dare dell'incompetente al nostro governo, che, ad aprile, l'Istat aveva previsto in crescita dello 0,5%, in realtà è arrivato allo 0,6%. Sicché se da oggi a fine anno l'Italia si fermasse, il Pil crescerebbe comunque fino allo 0,9, ma continuando così, in prospettiva 2023 è accreditato del + 1,9%. Per cui – dati commissione Ue – la nostra crescita complessiva del triennio 2021-2023 scatterebbe fino al +12,3%. Tant'è che la Moody's – ci aveva minacciati di ridimensionare a livello “spazzatura” il nostro debito pubblico – è stata costretta a scusarsi e migliorare le sue stime nei nostri confronti. Tutto questo mentre inflazione (6,1%), spread btp bund (178) e disoccupazione al minimo storico (7,8%) calano e l'occupazione cresce: +390mila unità di cui 52mila donne. Turismo e servizi volano. Il Sud non è più la derelitta periferia del mondo e Napoli, grazie all'attività di recupero e rilancio dei siti archeologici, museali e monumentali del ministro alla Cultura, Sangiuliano, è la nuova capitale del Mediterraneo, per gli obiettivi sui fronti energetici e manifatturieri. Quelli da realizzare o già esistenti e da consolidare. Avranno qualche merito, in tutto ciò Meloni e il suo governo? Certo! Solo che per i “sinistrati” di Schlein e Conte, parlare di merito è “discriminatorio e intollerante”. Utile sono a generare i presupposti per la “lottizzazione autoritaria” evocata da Prodi sulla “Stampa” e per il “Domani” il governo di centrodestra è solo “l'occupazione del potere” e “il dominio della premier costruito sul rancore”. Insomma, "il bue che da del cornuto all'asino”. Ma di quale rancore si parla? Forse quello dei giornali “mainstream” pseudo progressisti che hanno ispirato a omosessuali e lesbiche quella montagna di insulti social contro Arisa, rea soltanto di essersi detta soddisfatta della Meloni, da costringerla a rinunciare al gay pride o quello degli "intellò" che “predicano bene”, ponendo la necessità per il bene del Paese di una collaborazione istituzionale fra governo e opposizione, ma “razzolano male” e se qualcuno passa dalle parole ai fatti, apriti cielo! E il direttore de “Il foglio” mette la sua Cerasa sotto una “indagine su un corto circuito” per spiegare che chi lo fa è un “compagno che sbaglia” e che “il Pd ha un problema: gli amici della sinistra non così ostili a Meloni”. E che “più Schlein accusa il governo di essere irresponsabile più le icone della sinistra dicono l'opposto”. E per dimostrare l'assunto, segnala che Gentiloni (“il governo sul dossier Ita ha preso decisioni molto importanti”), Bonaccini (“la Meloni ha sorpreso molti, mostrando una vena pragmatica”), Letta (“Meloni non è fascista, è una persona certamente capace”) non si allineano alla Schlein e che, lo stesso Mattarella (“in 7 mesi ha trovato poche ragioni per criticare l'operato della Meloni”). Non hanno ancora capito quanta responsabilità abbiano anche loro per il flop della Schlein e della sinistra. Che è riuscito a vanificare anche l'ancora di salvataggio del ballottaggio che ha sempre aiutato il centrosinistra a ribaltare il risultato del primo turno. E non perché sia diminuito l'astensionismo al secondo turno. Anzi, è cresciuto. Solo che gli elettori di centrodestra, stavolta non si sono fatti prendere dalla pigrizia e sono andati a votare, mentre quelli di centrosinistra “no”. Hanno stufato anche i propri elettori. Ma possono gioire, nelle città sono i più stabili. Perdono, ma meno dei 5stelle.