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È lo Stato che deve controllare il territorio

Opinionista: 

Insegna la dottrina del diritto costituzionale che lo Stato altro non è che l’esercizio della sovranità su d’un popolo ed un territorio. Una sovranità esercitata dallo Stato attraverso la legge, garantendo che essa effettivamente governi quanto accade nello spazio custodito tra i confini del paese. È fondamentale quindi che lo Stato abbia il controllo del territorio, perché il territorio è il suo elemento costitutivo e l'esistenza dello Stato si lascia osservare – e rispettare – proprio quando il territorio è sotto la sua sovranità. Perché ricordare queste banalità? Perché l'episodio cronachistico dell'omicidio di Gaetano Arrigo, colonnello dei parcheggiatori abusivi operanti in quel di Bagnoli, ha ancora una volta portato all'attenzione di tutti il fatto del controllo capillare del territorio, non da parte dello Stato, bensì delle discretamente organizzate associazioni criminali che se lo contendono da decenni: e che hanno tra le loro milizie, appunto, una rete di guardamacchine, minacciosa ed efficiente, lì ad esigere cospicui tributi da chiunque aspiri alla sosta negli spazi pubblici a tal fine destinati o comunque in tal modo utilizzati. La cosa è molto grave, per la sua emblematicità e per il numero infinito di reati che sotto gli occhi impotenti delle forze dell'ordine si consumano ogni giorno nei luoghi più frequentati della città, dovunque ci sia da esigere corrispettivi non banali – a Bagnoli, cinque euro a vettura e tre per le due ruote. Questo accade un po' dovunque, presso sedi d'uffici e luoghi di richiamo, e soprattutto, nelle serate della cosiddetta movida, alla Riviera di Chiaia, al viale Gramsci, alla via Santa Lucia e via dicendo. Certamente, non è la cosa più grave che le organizzazioni camorristiche riescano ad attuare: com'è noto ci sono intere aree del territorio cittadino che, più d'altre ma senza pretese d'esclusiva, sono sotto la ferrea vigilanza delle sentinelle pagate dalla criminalità organizzata. Ma il fenomeno dei parcheggiatori abusivi e dei loro delitti, talora anche gravi al punto d'attuare sequestri di persona a scopi estorsivi, è particolarmente distruttivo per la sua emblematica portata. Esso rende manifesta l'incapacità dello Stato a tenere sotto controllo proprio quell'elemento materiale che è per esso costitutivo, il territorio. Il rapinatore, il criminale finanziario, il violentatore seriale toccano anche più pesantemente i beni della vita che lo Stato dovrebbe proteggere, ma si tratta di condotte occasionali, difficilmente prevedibili, da combattere certo, ma inevitabili, in una certa misura almeno. Quando invece ci s'organizza, stabilmente, per gestire fette di territorio senza che nessuno intervenga a sgominare simili condotte usurpative di spazi della sovranità dello Stato – e non sarebbe affatto opera difficile – si dà un senso di disfacimento dell'Autorità che concorre non poco a minare la confidenza del cittadino nei confronti delle istituzioni: le quali lasciano il territorio e la comunità – vale a dire i due elementi costitutivi dello Stato – in balia di bande criminali aggressive e iattanti, sicure del fatto loro e certe di poter operare indisturbate. Di esse – può esser certo il cittadino – si sentirà parlare solo se in occasione di scontri interni al loro sistema di potere (il sistema di potere effettivo sul territorio) non di certo per interventi dello Stato in azioni di efficace e definitivo contrasto. È questa una vera débacle ed è inaudito che le autorità costituite – dal Prefetto al Questore, in primo luogo – volgano il guardo altrove come in una commedia seicentesca, senza peraltro nemmeno inorridire come invece lì accadeva. Una così grave e pregiudizievole rinuncia all'esercizio della sovranità – in alcuni rispetti anche più grave di quella che ha consentito la devastazione edilizia – vale a rendere nitidamente l'immagine dello Stato, assai più della retorica di mille inutili discorsi e vane manifestazioni: perché attiene al quotidiano, riguarda lo spazio in cui viviamo, è una manifestazione di orrenda devastazione del senso della legge ed è, in ultima analisi, possibile da combattere, sempre che si creda nella forza delle istituzioni.