Luna nera, luna nova: è tempo di risvegliarsi
Chiudiamo la città. Che significa affermare che un intero ospedale va chiuso perché "sede sociale" di un clan camorristico? O turlupinare i napoletani con "lo Stato è tornato"? Quale ritorno? L'avvento ignorante e populistico dei cinquestelle? La fine di proclami, promesse mai mantenute e dei travasi di professionalità e forze lavorative, costrette a “fuggire” da Napoli, come già esortava Eduardo De Filippo? E allora chiudiamo questa città disgraziata e senza futuro, facciamo terra bruciata e dimentichiamo che si chiamava Neapolis, città nuova, una città migliore, una “grande bellezza”! Iniziamo a chiudere ospedali inutili, poi ghettizziamo, con metodo nazista, Scampia, Secondigliano o i quartieri spagnoli, segreghiamoli a vista con l’esercito e costituiamo una “zona franca” con visti e permessi di transito per la zona “bene”, abitata da professionisti, ricchi mercanti, nobili decaduti e intellettuali da operetta, dove vegetano circoli elitari od ospedali di “eccellenza”.... Il marchio tragico di questa città è da decenni la gestione della sanità. Rappresenta la cartina di tornasole di tutte le magagne, gli scandali, le collusioni perverse che hanno asfissiato l’aria di una città incapace di ribellarsi, adusa al padrinaggio ed all’assistenzialismo. Lo ribadiamo da tempo. Il Don Bosco non è unico nella sua impietosa e drammatica dipendenza da poteri occulti o delinquenziali. Ma come spesso accade il caso eclatante fa saltare il coperchio sulla muffita brodaglia. Un tappo magmatico nel cratere di un vulcano dormiente! La nascita delle Usl e delle Asl poi, ha spostato l’equilibrio economico e politico sulla sanità campana, e non solo. Finito il tempo dello scempio edilizio, decaduto il profitto auspicabile con la creazione di infrastrutture “cattedrali nel deserto”, la voracità del potere ha investito, come un funesto tornado, la salute dei cittadini: il possibile “remake” del noto film di Rosi dovrebbe titolarsi “Mani sulla sanità”. Per interesse, per tratti genetici o per paura, i napoletani convivono con questo assurdo quotidiano, sperando di non ammalarsi o in San Gennaro, che di questi tempi sembra molto distratto e sfiduciato. La riflessione che ci consegna l’inchiesta giudiziaria sul Don Bosco, perciò non ci coglie impreparati, perché in un terreno così infido, dove la carriera e la sopravvivenza professionale, molto, troppo spesso sono legate a doppio filo con l’appartenenza o la “fidelizzazione” politica o alla velata condiscendenza a poteri illegali, la caduta ignominosa di una parte di medici, paramedici e amministratori a vario titolo viene solo “certificata”. Non siamo d’accordo col professore Ludovico Docimo, che su queste colonne ha innanzitutto discolpato il mondo universitario a proposito delle carenze di personale medico, della mancanza di un numero sufficiente di alcune professionalità specialistiche. Certo, l’inadeguata retribuzione, l’atmosfera di trincea favoriscono la fuga di cervelli dal pubblico, ma che dire del mummificato potere e del nepotismo arrogante in quelle che dovrebbero essere la “culla del sapere e della cultura” nel nostro Paese? Siamo proprio convinti che lo standard educativo e scientifico delle università italiane sia eccellente e qualificante in ognuna? Chiudiamo Napoli e le sue università, con le loro secolari diatribe e faide familiari per la conquista del potere. Chiudiamo l’Italia! Innalziamo il muro, sorvegliamo armati le nostre frontiere, pattugliamo l’ex “mare nostrum”, altrimenti esiste la possibilità remota che gli immigrati possano portare un “virus” micidiale, una “luna nova”! Era la canzone preferita di mia madre, interpretata con i suoi gorgheggi morbidi e commossi. Non era l’ondulazione emotiva da barcarola che amava, ma il finale. Mia madre, con la sua bellissima voce, intonava una preghiera, un’esortazione lirica: “duorme ma, ’nzuonno, lacreme amare tu chiagne Nápule, scétate, scè”. In fondo, il novilunio non è forse la rinascita ad una nuova vita, dopo la luna nera?