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L’unico futuro dell’Italia è nell’energia del Sud

Opinionista: 

Ue e Paesi membri, bilanci “drogati”. Da quando nel 2014 - per ridimensionare e rendere accettabile il rapporto fra deficit e Pil - l'Unione ha “consentito” ai Paesi membri di conteggiare nella propria ricchezza nazionale lorda anche i proventi del “sommerso” e delle attività economiche illegali: contrabbando di sigarette, prostituzione e spaccio, gestite dalle mafie. A chi conviene un'Europa del Genere? Non certo ai cittadini, ai quali tocca rispettarne tutte le disposizioni, senza neanche sapere quali, quanti, e se ne hanno, siano i propri diritti. Purtroppo, l'Ue non ha una Costituzione che glieli attribuisca. I “padri fondatori” non ci hanno pensato, lasciandoci preda di Commissione Ue e Bce i cui componenti non sono il risultato di un voto popolare, bensì di un'indicazione di 200 multinazionali che da sole generano il 14% del fatturato di questa tipologia d'impresa e semplicemente “nominati” dal Consiglio europeo. Del resto, come scrive Foa nel saggio “Il sistema (in)visibile”: ormai a contare davvero è “chi è nelle condizioni di esercitare un potere di condizionamento”. Gli europei, meritiamo un'Ue migliore. Oltretutto, non solo le entrate delle attività criminali contribuiscono a gonfiare la ricchezza nazionale e comunitaria, ma anche il “sommerso”, pure esso illegale e inverificabile. E non si tratta di cifre di poco conto. Anzi, nel solo 2020 (ultimo dato disponibile) - secondo la Cgia di Mestre - il nostro Pil ai prezzi di mercato si è attestato a 1.653miliardi di euro correnti costituito per il 10,6%: 174,4miliardi (17,4 “attività illegali” e 157 “sommerso” di cui: 79,7 “nascosti” da dichiarazioni sottostimate; 62,4 rivenienti da lavoro irregolare e 15,2 da mance, affitti in nero ed altro) farlocchi. Perché virtuali e “illegali”, ripuliti (si fa per dire) indicandoli come “economia non osservata”. Come a dire che, sì, le mafie sono organizzazioni criminali e vanno combattute, ma intanto, producono e distribuiscono ricchezza, creando benessere. Sarà anche così, ma da questo ad inserirne - seppure virtualmente e in misura solo presuntiva - i guadagni nei bilanci pubblici, ce ne corre. Tanto più che questo inserimento virtuale genera non pochi dubbi sulla realtà e legittimità del Pil dei Paesi e dell'Unione Europea. Chiarisce, però, come mai, mentre continuano a dirci che tutto va bene e cresciamo più degli altri Paesi, se infiliamo le mani in tasca, ci si accorgiamo che – soprattutto nel Meridione - sono vuote. Purtroppo il “più”, che si vede è virtuale, ma il “meno”, che non c'è è reale, e intanto crescono i livelli di povertà e si allungano le fila davanti ai centri di distribuzione alimentare gestiti da Caritas e altri enti solidali. E capiamo anche perché manchino le risorse per rilanciare e rimettere in moto il Mezzogiorno. Tant'è che il ministro della Pubblica Istruzione, Valditara, per il rinnovo del contratto nazionale della scuola, ha proposto l'adozione delle cosiddette “gabbie salariali”. In pratica, retribuzioni più alte per i professori che insegnano al Nord giustificando la scelta con la considerazione che “lì, la vita costa di più”. Certo, Se si esclude dall'analisi la qualità dei servizi, è vero. Se, però, si considera anche questa che al sud è decisamente bassa – anche se non mancano le eccellenze – e costringe i meridionali a rivolgersi a strutture private per ottenere servizi migliori. E neanche questo è gratis. Anzi! Per cui, anche al di sotto del Garigliano i professori fanno fatica ad arrivare a fine mese. Allora perché, anziché creare ulteriori diseguaglianze, non provare a concordare stipendi base uguali al Nord come al Sud, ma aumentati entrambi di un “extra” collegato al costo della vita nelle aree di insediamento delle scuole? Se, però, davvero si vogliono risolvere i problemi legati alla questione Nord-Sud è necessario cancellare definitivamente gli squilibri. Dando al Sud, quello che – secondo l'Ue che aveva chiesto di finalizzare il 70% del Pnrr al recupero dei ritardi meridionali, cosa che l'Italia non ha fatto, assegnandogli soltanto il 40% - doveva essere del Sud e l'istituzione della macroregione autonoma dell'Italia del Sud. Anche perché, prima lo capiranno politici, imprese e cittadini del Nord meglio è, il futuro del Paese è nell'energia dell'Italia del tacco.