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Mattarella, un discorso dallo “spazio”

Opinionista: 

Nella lunga serie dei messaggi augurali di fine anno dei vari Capi dello Stato, succedutisi nel tempo, da Luigi Einaudi, nel 1948, che li inaugurò, all’odierno presidente Mattarella, ricchi di moniti, suggerimenti, e appelli - e anche di picconate come quelle dell’indimenticabile Cossiga - spesso ha molto colpito la loro prosa elegante, condita con metafore, puntuali riferimenti letterari, cui si è fatto ricorso per dare più forza convincente a quanto dicevano. Quest’anno il Presidente della Repubblica, con il suo messaggio di fine anno e di inizio anno nuovo - il quinto del suo settennato - è andato oltre ogni immaginazione, molto oltre. Prendendo spunto, felice ispirazione, da una foto dell’Italia dallo spazio, un dono fattogli di recente da un astronauta, si è involato, è il caso di dire, in un suggestivo “volo”. Che un umanista, con un aggancio poetico ariostesco, potrebbe vedere addirittura come il volo di Astolfo, rivolto a liberarsi di “tante miserie e vizi umani” e cioè come lassù nello spazio, “si avverta quanto appaiono incomprensibili e dissennate le inimicizie, le contrapposizioni e le violenze di un pianeta sempre più piccolo e raccolto”.  Un preambolo avvincente che racchiude, a nostro avviso, la parte più sincera, forse maturata da troppe delusioni e racchiusa in un nobile invito. “Proviamo - ha detto il Capo dello Stato - a guardare l’Italia dal di fuori, allargando lo sguardo oltre il consueto. In fondo un po’ come  ci vedono all’estero, come vedono il nostro bel Paese, proteso nel Mediterraneo e posto per geografia come uno dei punti d’incontro dell’Europa con civiltà e cultura di altri Continenti. Queste condizioni hanno contribuito a costruire la nostra identità, sinonimo  di sapienza, armonia e umanità”. Da questa identità, che è e dovrebbe essere la sua forza autopropulsiva, ha preso l’avvio il lungo e articolato auspicio di Mattarella perché il vero tesoro valoriale, che ci viene riconosciuto nel mondo, non sia un bene astratto ma si concretizzi in una risposta di efficienza, seria a quella che può dirsi, ed è, la crescente “domanda d’Italia”. In cui c’è di tutto, il genio italico remoto e sempre vivo, ora di Leonardo, appena evocato dalle recenti celebrazioni e poi ancora di quelle imminenti di Raffaello e di Dante, il padre della lingua italiana, per ripartire da un passato ineguagliabile e da un presente di eccellenze indiscusse, una ricchezza in forza della quale non c’è concorrenza che tenga.         Noi apprezziamo l’ottimismo del Capo dello Stato, la ragione del suo volare “alto ”, da stimolo e incentivo al nostro Paese a non doversi precludere orizzonti “magnifici e progressivi”. Purtroppo però al presidente Mattarella, è sfuggito - o ha tralasciato di proposito, per non soffiare sul fuoco delle polemiche sempre in agguato - di stigmatizzare  la “eclisse permanente”, in cui la politica si trova da due anni a questa parte, bloccata  da una instabilità molto grave, per il varo di due governi deludenti. Il primo, in base a un “contratto”, che non conteneva alcuna visione  strategica, difatti appena se n’è cominciato a parlare, l’Esecutivo è affondato. Il secondo del ribaltone, guidato dallo stesso premier del precedente esecutivo, lasciato in sella da manifeste e insopportabili sponsorizzazioni internazionali, che non si danno per beneficenza, favorito addirittura da una componente politica, che appena fatto il governo e scongiurato le elezioni, ha abbandonato il partito madre per  mettersi in proprio ed esercitare, in un regime  da proporzionale sconsiderato, il suo “ruolo di interdizione”. Di fronte a questo scenario che dura tra crepe permanenti, un Sud sempre più “perso” nello spazio, la questione irrisolta del reddito di cittadinanza, l’assenza di un piano di crescita e di infrastrutture, la divisione sfacciata e sleale tra le forze politiche di maggioranza e un gioco al massacro tra piazze che si delegittimano mai proponendo progetti e visioni, solo se si guarda il Paese dallo spazio, più come un alieno che come un astronauta, non si riescono a cogliere lo svilimento diffuso e la sfiducia profonda che impediscono ogni fantasia e riducono la necessaria riserva dei sogni.