Napoli: due delusioni per Cossiga e Romiti
Un presidente della Repubblica tra i più “originali” ed “estemporanei”, ma anche molto contestato (il 17 agosto dieci anni dalla morte); un manager che ha “governato” coi pieni poteri un gruppo industriale-finanziario tra i più influenti (deceduto da sette giorni). Un “picconatore” in democrazia, un “despota” nell’industria. “A ciascuno il suo” si potrebbe dire, oppure -riguardo ad alcuni aspetti e momenti del loro indiscusso protagonismo- forsitan haec olim meminisse iuvabit: sempre che certi ricordi possano essere significativi esempi e modelli di riferimento dopo l’uscita di scena, ma non dalla nostra contemporaneità, di questi due personaggi decisamente irripetibili.
*** Cesare Romiti tra nord e sud. Non solo per Roma, Torino e Milano erano i suoi occhi. Non sarà ricordato solo per la marcia dei 40 mila a sostegno della libertà d’impresa o la favolosa liquidazione di 101,5 milioni di euro. Un po’ della sua attenzione fu rivolta a Pomigliano da quando entrò in Fiat nel 1974.L’Alfa Sud, nata sei anni prima, era partita bene, ma presto l’assenteismo e la conflittualità “erratica” (come si disse), crearono situazioni di ingovernabilità. Con l’ingresso del gruppo Fiat (segno della svolta nella cultura d’impresa), nuovi equilibri e modelli di produzione (la storia più recente vede lo stabilimento intitolato a Giambattista Vico e poi l’avvento di Sergio Marchionne).
*** Il richiamo dei Campi Flegrei. Avviene in due tempi distanziati far loro. Il terremoto dell’80 crea situazioni, anche nell’area napoletana, di drammatica emergenza. L’allora presidente della Regione, Antonio Fantini, lancia appelli alla solidarietà nazionale. Romiti non resta insensibile e manifesta interesse per l’area flegrea tra Napoli e Pozzuoli. Agiva in lui, si disse, lo spirito di Adriano Olivetti che qui, con luigi Cosenza, aveva fatto nascere la “fabbrica a misura d’uomo”. Da un’idea prende corpo l’elaborazione di progetti (affidata alle “teste d’uovo” come venivano soprannominati i “cervelli” della Fondazione Agnelli). Non c’erano ancora indicazioni di scelte territoriali e di unità produttive da impiantare, che subito alcune scuole di urbanistica dichiararono guerra al grido di “Napoli svenduta”, la Fiat vuole “comprarsi i Campi flegrei”. Cesare Romiti si ritira in buon ordine, Fantini si trasferisce al Parlamento europeo.
*** Meglio con l’Arte. Più produttiva la frequentazione, sul piano dei beni culturali, intercorsa con Maurizio e Mirella Barracco. Nel 1984 nasce la Fondazione “Napoli Novantanove” (gloriosa e sfortunata Repubblica napoletana!). Con successo si avvia, dal 1992, la rassegna dei Monumenti porte aperte. Il sostegno di Romiti non manca pur senza essere mai reclamizzato. Momento qualificante il restauro dell’Arco di trionfo all’ingresso del Maschio Angioino (Alfonso d’Aragona celebrò così la conquista del Regno di Napoli nel 1443). Costo del restauro,1 miliardo di lire.
*** Rotary Napoli Ovest. E’ qui che (durante l’anno 2006-7, presidente Giuseppe De Rosa), Romiti racconta un po’ delle sue esperienze, incoraggiato da Mirta Merlino. Napoli Novantanove? Bilancio positivo. Campi Flegrei? Rivolge lo sguardo a chi scrive queste note e, con un sorriso di “benevola considerazione”: le idee erano buone ma mancarono i piedi giusti per farle camminare…
*** Francesco Cossiga bifronte. Mai al Quirinale un presidente così imprevedibile. Nell’ultimo biennio un intemerato “picconatore”, mosso da una furia “iconoclastica” che colpiva, indistintamente, uomini politici e privati cittadini. Nei primi cinque anni, invece, un rigoroso difensore della Costituzione e un grande esperto di diplomazia internazionale (come dal libro di Clio Pedone “Oltre il muro”). Nel decennale della morte (8 giorni fa), è giusto ricordare la sua visione di una “Napoli dal grande respiro universalistico”. Nel novembre del 1985 ne fece una capitale: a palazzo reale ricevette, per la consegna delle credenziali, gli ambasciatori di Etiopia, Panama, Croazia e Slovenia. Voleva essere l’auspicio per una città protagonista nel “mondo globalizzato”. E invece com’è finita? Che Napoli ha progressivamente perso molti colpi quanto a rappresentanza e rilievo internazionale. Da alcuni anni si sono affievolite, qui, le presenze diplomatiche “primarie” di grandi nazioni europee e il “mondo partenopeo” si è fatto via via, anche da questo profilo, sempre più piccolo e marginale.