Napoli: il calcio è sport, non è solo business
Dopo l'umiliante eliminazione dell'Italia dai Mondiali di calcio del 2018, bisogna dare atto alla Federazione di aver saputo individuare l'uomo giusto per dare avvio alla rinascita nel segno della valorizzazione dei talenti nazionali, dell'entusiasmo e di un forte spirito di gruppo. La conquista dell'Europeo a Londra rappresenta il coronamento di questo percorso di crescita che ci auguriamo possa proseguire così felicemente. Raramente la nostra Nazionale di calcio ha potuto godere di consensi e sostegni da parte di tifosi, critici e sportivi così diffusi e trasversali a livello geografico. Insomma, è l'Italia di tutti: questo è il grande merito che va ascritto a Mancini, ai giocatori ed alla dirigenza. na svolta analoga l'auspichiamo anche per il Napoli che, dopo l'epopea "sarriana", ha conosciuto, eccezion fatta per la Coppa Italia, la cocente delusione di essere uscito dal gruppo di vertice e, quindi, dalla cosiddetta zona "Champions". L'ultimo anno, in particolare, è stato molto turbolento e amaro per i tifosi costretti a dover assistere ad una debacle, vedi la scellerata ultima gara di campionato tutt'ora densa di mistero. Se Spalletti sia l'uomo giusto per la rifondazione sarà il tempo ed il campo a dirlo. Sempre che venga messo nelle condizioni di poter lavorare bene. Ciò che preoccupa, infatti, sono le dichiarazioni del presidente De Laurentiis per il quale il Napoli sembra essere più un'azienda commerciale che sportiva. Siamo perfettamente d'accordo che senza bilanci in regola non si va da nessuna parte. È giusto e doveroso essere oculati ed attenti a non fare passi più lunghi della gamba, però non dimentichiamo nemmeno che lo sport è competizione e, perciò, richiede ambizione, coraggio, rischio e sofferenza. Il Napoli non può essere assimilato ad una provinciale che cerca di galleggiare in modo dignitoso nel mare della Serie A, accontentandosi, magari, di battere qualche big del campionato per dare un senso alla propria stagione. Qui i tifosi sono bramosi di vincere, nella piena consapevolezza che i trofei si possono conquistare, a partire da quello più importante: lo scudetto. Ci siamo andati vicini con Sarri, bastava poco. Ed invece anziché fare quel piccolo sforzo in più per volare in alto, il presidente ha preferito seguire la via dello smantellamento e ricominciare da capo, perché economicamente più vantaggioso. Come d'altronde ha fatto sempre, vendendo i migliori campioni che, poi, negli altri club hanno fatto la differenza, conquistando successi prestigiosi anche a livello internazionale (vedi il caso Jorginho e non solo). Certo il calcio non è più quello di una volta, i costi di gestione sono notevolmente cresciuti a causa delle elevate pretese economiche imposte da intermediari e procuratori dei calciatori. Poi il Covid, con la chiusura degli stadi, ha dato il colpo di grazia. La situazione è oggettivamente critica, costringendo le società a rivedere i propri piani in funzione della forte contrazione delle entrate. Piuttosto che di una Superlega, orientata ad innalzare i costi del sistema già spropositati, servirebbe una morigeratezza dei comportamenti per calmierare il mercato. Nel frattempo, però, bisogna guardare all'immediato futuro, definendo gli obiettivi sportivi che si intendono perseguire. Invece, per la Società Calcio Napoli ad essere prioritari sono altri tipi di obiettivi, quelli economici. Il che significa, da un lato, vendere i gioielli più preziosi sperando di ricavare faraoniche plusvalenze, come in passato, e dall'altro, acquistare giocatori non ancora affermati e con ingaggi più abbordabili. Contemporaneamente, si pretende di raggiungere la "zona Champions" per i milioni che comporta, sperando che campioni come Insigne, Koulibaly ed altri si autoriducano l'ingaggio per amore del Napoli e di Napoli. Cioè il business alla società, il sacrificio ai giocatori, come dire: "la botte piena, e la moglie ubriaca". Una strategia di comodo, ma del tutto inadeguata per una blasonata società di calcio che dovrebbe puntare ai più alti obiettivi sportivi possibili, incominciando dalla valorizzazione del vivaio, un settore a Napoli ormai in via d'estinzione, come dimostra il declino della squadra Primavera. Senza coraggio non si può gareggiare, né vincere. Ma questo sembra essere un dettaglio per il nostro Presidente interessato solo ai "quattrini". Invece, i supporter del Napoli, senza i quali la Società Calcio Napoli non potrebbe esistere, non vogliono un commerciante a capo della loro squadra ma un tifoso vero, ambizioso e amante del rischio, attaccato alla maglia ed alla città, proprio come uno di loro.