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Perseverare è diabolico

Opinionista: 

Ricordate, amici lettori? Circa un mese fa (“Il genocidio che non conta” del 18 marzo), in occasione dell’inaugurazione al Vittoriano della mostra armena, notai la vigliacca assenza del governo italiano e rimproverai a “Renzi il coraggioso” di non aver fiori per la tomba dei due milioni di cristiani massacrati dai turchi. Renzi non mi ha letto e, in ogni modo, non ha dato ascolto alle mie parole. Ovvio: non si può davvero pretendere, da uno come lui, che s’interessi a chi non lo incensa. Così, ha fatto di peggio. Domenica scorsa Papa Francesco ha ricevuto il capo di Stato armeno Serz Sargsyan e i massimi rappresentanti della chiesa armena. In quell’occasione il Pontefice ha ricordato le tre “tragedie inaudite del secolo scorso”: «La prima, quella che viene generalmente considerata il primo genocidio del XX secolo, è quella del popolo armeno… Le altre due furono perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo». Renzi non c’era e non ha fatto commenti. Sargsyan guidava una delegazione presente a Roma già da alcuni giorni. Era stato ricevuto al Quirinale da Mattarella, aveva incontrato la Boldrini e la Pinotti. Renzi no: Petrusiniéllo non aveva tempo per lui. Giovedì scorso c’è stata una cena del gruppo parlamentare di amicizia italo-armena: la maggioranza era rappresentata da Cicchitto e Casini, il Pd soltanto dalla deputata “civatiana” Sandra Zampa. La Turchia non ha gradito le parole di Papa Francesco: ha protestato con il Nunzio Apostolico ed ha richiamato l’ambasciatore presso la Santa Sede. Erdogan e i suoi hanno fatto la voce grossa, accusando Bergoglio di faziosità e calunnia, senza riuscire a intimidirlo; “Il cammino della Chiesa è quello della franchezza, di dire le cose con libertà, senza avere paura” – ha replicato. Il governo italiano non è dalla parte della Chiesa, ma da quella della Turchia. Il sottosegretario Gozi, a “La7”, non si è limitato a negare “che sia opportuno per un governo prendere delle posizioni ufficiali su questo tema”, ma ritiene, d’accordo con Ankara, che sia meglio non definire il massacro armeno “genocidio”. In proposito, del resto, c’è un assordante silenzio di Matteo Renzi, di Gentiloni, del governo e del partito di maggioranza, ma anche del presidente Mattarella, che ha preferito dedicare le sue esternazioni, non del tutto appropriate, al triplice omicidio nel palazzo di giustizia milanese. Ora è in programma una sfida fra Turchia e Armenia, che nello stesso giorno ricorderanno rispettivamente una battaglia vinta dai turchi e il centenario del genocidio. A Erevan ci saranno Putin, Hollande e Biden, il vice di Obama. Renzi non andrà, né andrà il suo governo: è previsto, forse, l’intervento di una delegazione parlamentare. Io credo che si possa parlare di negazionismo. Già, perché delle tre “tragedie inaudite” menzionate da Sua Santità solo di una, quella operata da Hitler, non è lecita la negazione. Sarebbe legittimo, allora, negare i genocidi commessi dai comunisti in Russia (e dintorni) e da sultani e kemalisti in Turchia? Chi tace, quando dovrebbe parlare, è un epigono di Ponzio Pilato, ma chi adotta tre pesi e tre misure, distinguendo così sfacciatamente tra misfatti analoghi, è assai peggiore di scribi e farisei. Ora io sono contrario alla criminalizzazione del negazionismo, come a ogni altro delitto di opinione; se, tuttavia, un'incriminazione dev’esserci, si perseguano tutte le indegne negazioni dei genocidi e degli altri inumani massacri perpetrati dai governanti. La questione del genocidio armeno è assai più rilevante di quanto possa sembrare a prima vista. Non è un caso che Papa Francesco abbia accostato questo fatto di cento anni addietro alla nuova persecuzione contro i cristiani, attuata ai giorni nostri. Anche questa persecuzione, infatti, non sembra interessare i nostri governanti. Renzi ha marciato a Parigi e a Tunisi, ma ha scansato Nairobi e si terrà lontano da Erevan. Sarà che l’attenzione dei media per questi luoghi è molto più bassa o sarà per altro? Sono certo che Petrusiniéllo non leggerà queste mie righe, né presterà ascolto a chiunque altro lo inviti a rammentare le sue origini lapiriane (e, quindi, in qualche maniera cristiane). Egli è disposto a ricordare soltanto le vittime ebree del tetro novecento (quelle contemporanee gli interessano ancor meno di quelle cristiane). In questo, forse, c’è uno zampino satanico. Il proverbio, infatti, insegna che “humanum est errare, perseverare diabolicum”.