Più risorse alla Cultura per “legare” Sud e Nord
Povera, e nuda, vai Filosofia. Così si lamentava Francesco Petrarca per come si viveva, e per quello che accadeva, nella trecentesca società fiorentina. Mai avrebbe potuto, però, immaginare come ancora più “povera e nuda” sarebbe andata la Cultura nella società napoletana del nostro tempo. Con una differenza di non poco conto. La Filosofia, almeno una sua parte più “pragmatica”, ha saputo integrarsi meglio nel sistema politico-politicante (Massimo Cacciari sindaco di Venezia…), mentre la Cultura, se non accetta umilianti compromessi come quello di prestarsi a serbatoio di voti elettorali, non ha altro destino che rimanere alla finestra e vivere in una sorta di “esilio sociale”, costretta ad “arrangiarsi” come meglio può.
*** ULTIMO SCHIAFFO. Gli “Stati generali” sono stati convocati, dal ministro Mara Carfagna, sotto il titolo ambizioso “Sud, progetti per ripartire” e il premier Draghi non ha mancato di rimarcare l’urgenza di accelerare la “convergenza” ferma da decenni, recuperando fiducia nelle istituzioni e nella legalità. Per la responsabile della Coesione territoriale, non si è parlato “del Sud” ma “con il Sud”, per conoscere meglio gli uomini e le donne (molto cacofonica e “boldriniana” quell’espressione “le sindache”), sulle cui gambe camminano i progetti. E qui il punto dolente. Quanti e quali questi “progetti”? Il numero c’è: più di 400 quelli presentati, ma si potrebbe registrarne di più, oltre 500, perché c’è tempo fino a domani notte. Sulla natura e i contenuti di questi progetti si sa poco. Se dovessero riflettere l’attenzione portata, negli interventi, al problema Cultura come settore indispensabile e trainante per lo sviluppo, si potrebbe immaginare, con molto rammarico, che di proposte vere e proprie non ce ne sono. Quindi: occasione degli “Stati generali” non colta a pieno.
*** PERSONAGGI INEFFABILI. Se ci fu un ministro convinto che “con la mafia bisognava imparare a convivere”, non passò tempo che un altro non volle essere da meno quando affermò che “con la Cultura non si mangia” (per fortuna, prontamente gli si fece capire che senza la Cultura gli uomini, a partire da Adamo, non avrebbero mai saputo chi sono…). Singolare il caso di un assessore regionale che si vantava di aver firmato un consistente contributo per sostenere l’Emeroteca di Napoli (internazionalmente conosciuta come patrimonio unico di libri, giornali e documenti storici). La delibera approvata, però, non parlava di “Emeroteca”, bensì di “Enoteca” avellinese (al momento della firma la mano dell’assessore andò evidentemente, come direbbe Susanna Tamaro, dove la portava il cuore…).
*** STORIE PERVERSE DI LIBRI. Oltre due mila di loro, molto preziosi e rari, sono stati trafugati nella Biblioteca dei Girolamini, la più antica di Napoli. Mentre infuriava una tempesta di pioggia e vento, nella notte dell’aprile 2012 mani “sacrileghe” facevano razzia per rifornire scaltri e mercificanti “collezionisti”. Una ferita mai rimarginata. Libri senza fissa dimora continuano ad essere, invece, i 300 mila della collezione di Gerardo Marotta, il fondatore dell’Istituto per gli studi filosofici. Sono più di quattro anni che il governatore De Luca in persona ha promesso di chiudere il caso ma, direbbe Giuseppe Giusti, i cervelli di Santa Lucia sono troppo “in tutt’altre faccende affaccendati”!).
*** REGIONE CHE NON VEDE. La bellezza salverà il mondo, dice con convinzione Dostoevskij. Ma la bellezza, per adempiere a questo fine salvifico, sta tutta negli occhi di chi guarda (quanta bellezza artistica, storica e letteraria c’è nei Musei pubblici e privati della Città). Mancano solo gli occhi di una Regione dalla vista corta e del tutto inadempiente rispetto a obblighi che le competono in virtù di Fondazioni promosse e contratti sottoscritti.
*** SVILUPPO ECONOMICO E QUALITA’ DELLA VITA. Resta tutto nel “porto delle nebbie” se non si valuta attentamente, quanto a progresso sociale, il peso rigeneratore della Cultura declinata nelle sue voci fondamentali di sapere e saper fare, far sapere e saper essere. Il ravennate saggista Paolo Gambi approfitta del settimo centenario dantesco per affermare che chi non risponde alla chiamata della Cultura, “è destinato all’Inferno”. Che sia solo una battuta?