Porto, si riparte con Spirito giusto
«Tornare nella mia città, per servire la Repubblica, in un ruolo strategico per la promozione dello sviluppo economico del territorio, è una responsabilità, alla quale adempirò, secondo lo spirito costituzionale, che impone di lavorare con senso di disciplina e onore». Nei giorni scorsi, nel generale, velenoso battibecco tra “palazzi”, sul modo di gestire i fondi delle promozioni culturali e turistiche - troppo spesso ridottosi ad anguste conte “ortive”, diciamo pure da baratto - è sfuggito il valore profondo di questo saluto alla città, molto particolare e significativo, apparso sui giornali locali, che vi riproponiamo nella sua breve essenzialità. Merita d’essere rimarcato: è quello rilasciato dal nuovo presidente del Porto di Napoli, Pietro Spirito, che è subentrato in quel ruolo, dopo una lunga “vacatio” e provvisorie reggenze, di anni di tormentate vicende giudiziarie, non certo edificanti per le sorti dello scalo, nonostante la dedizione mostrata dai vari “reggenti”. Si dirà, parola più parola meno, che quella pronunciata dal neo presidente, è in fondo la formula classica, protocollare, con la quale si accompagna il normale insediamento di un dirigente pubblico. Fa parte del rituale. Sarà anche così. Nulla di speciale e di sensazionale: una liturgia e basta. Ma sentire usare pubblicamente da un dirigente talune parole desuete, scomparse da ogni lessico e spesso disattese nella pratica, come “servire la Repubblica”, “lavorare con senso di disciplina e di onore”, in un tempo in cui la nostra quotidianità è piena di fatti e misfatti, di ruberie e di malversazioni, non poteva, non può passare come un fatto normale. In una città, come la nostra, oggi più che mai, alla ricerca di certezze e di timonieri affidabili, quel saluto non è solo una formula protocollare, ma rappresenta qualcosa in più: un messaggio che si vuole dare alla gente e che le gente si attende. Un chiaro patto di fedeltà ai doveri e agli impegni da assumere. Oltre ogni consuetudine, vuol fornire precisi motivi di rassicurazione a una opinione pubblica, smarrita, disorientata da negligenze e indulgenze. Troppe. Ora senza evocare i tempi di quell’accorata didattica post risorgimentale - da Collodi a De Amicis, fondata sulla sacralità dei doveri - che, attraverso la narrazione, fece da supporto formativo a una società appena rinata, dopo l’Unità d’Italia, bisogna dire che noi abbiamo molto bisogno di questi giuramenti. Qualcuno potrà anche inquadrarli nella retorica o enfasi di circostanza, senza con questo volerne sminuire la sincerità dei propositi. Parole, però, come quelle appena ascoltate, aiutano molto a far riconquistare la fiducia in tutto ciò che è pubblico. Dio sa come ridotto, in numerose circostanze, per mancanza di etica e di senso di responsabilità. Uno scenario che ci fa ricordare il pensiero sempre vivo di Moro, del quale giova segnalare un monito molto attuale: “Questo Paese non si salverà se non tornerà il senso del dovere”. Appunto. Dopo queste premesse, per usare un “calembour” di buon auspicio, il Porto non può non ripartire che con lo… Spirito giusto.