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Pseudonimi, nomi d’arte e la personalità umana

Opinionista: 

Pseudonimi, nomi d’arte, realtà che provano a determinare una nuova identità. Più forte? Più debole? Non è un quesito facile. In effetti, raccolgono un’esigenza tipica della natura umana: lo sdoppiamento della personalità. Chi non ha desiderato, per tempi più o meno lunghi, di essere identificato come un altro, di dileguare la propria individualità? Magari, per necessità, per mettersi in gioco, per il gusto della novità. Il mondo, in fondo, resta sempre attratto dal fascino della scoperta, dalla capacità di vivere un’emozione nuova, di decrittare una sciarada. Da sempre, in molti contesti sociali, lo “sconosciuto“ solleva maggiori attenzioni di un individuo convenzionale. Non si spiegherebbero altrimenti i mille tradimenti che si registrano, ogni giorno, sul piano sentimentale. Una calamita, un’attrazione quasi inesauribile verso il nuovo, il mistero, l’incognito orizzonte. Un tema che ubbidisce indirettamente al richiamo della conoscenza, eternamente presente nelle nostre sinapsi. Scomposizioni di una personalità. L’ ubiquitarietà come nuovo sistema di calcolo e di vita. Come Superman, come Frankestein, come Dorian Grey. Credo, fondamentalmente, che molti condividano questa dannazione. Maschere. Quelle che quotidianamente indossiamo per sembrare migliori, per farci accettare dal mondo, per costruire reti di protezione. Togliendole, a fine giornata, per guardarsi allo specchio e ritrovar se stessi: i propri, sani limiti, la debolezza del proprio vissuto. Emblematicamente, la pietra angolare della nostra quotidianità resta il selfie. Se ne fanno tanti, per poi conservare solo quelli migliori, cancellando tutte le altre espressioni che non ci convincono. Come nella vita, in quel difficile gioco a scacchi che si combatte, ogni giorno, con la nostra personalità.