Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Quel disordine utile nel libero arbitrio

Opinionista: 

L’arroganza e la violenza sono sempre inseparabili compagne di viaggio, non prescindono mai l’una dall’altra. Ecco perchè sento subito puzza di bruciato e un senso di disgusto, quando esse mi sono contrabbandate per “genuinità e passionalità caratteriale” o peggio  “per una forma d’amore, anche se mal dimostrata”: non se ne può più di queste definizioni stereotipe e di comodo, enunciate ad uso e consumo di una massa ritenuta imbecille o facile da plagiare! Ieri si è celebrata la Giornata Mondiale contro il femminicidio - sarebbe meno offensivo verso le donne ridurre queste celebrazioni di facciata o giorni delle mimose, in verità - e per l’ennesima volta l’insostenibile leggerezza del perbenismo imperante ci ha riempito di propositi melensi e condanne di facile presa sull’opinione pubblica. Ma è anche un altro giorno trascorso nel confondere i cittadini stanchi e demotivati sull’importanza “storica” del Referendum del 4 dicembre: quante parole inutili e arruolamenti dell’ultima ora a favore di un SÌ o di un NO, che nascondono il timore dei due schieramenti antagonisti sulla reale “tenuta” e validità del libero arbitrio degli elettori. Ebbene, dopo tutte le frasi di comodo, quello sproloquio sulla sacralità della donna, dopo le volgari affermazioni sulla Bindi (che non mi è affatto simpatica!) e la successiva chiamata alle armi delle sue truppe clientelari da parte dell’arrogante e violento De Luca, ho scelto d’interrompere il silenzio sul prossimo appuntamento politico, perchè sia chiaro, a scapito di chiunque sincero e naif benpensante, la sostanza del contendere non è solo su un cambiamento costituzionale, ma un pronunciamento su un modo di fare politica e un altro. Chi afferma il contrario mente sapendo di mentire, e perciò è pericolosamente in buona fede! Vi chiederete quale sia il legame fra la lotta al femminicidio ed il prossimo Referendum, è presto detto, un unico monosillabo: NO; un No per affermare la resistenza alla violenza arrogante, di qualsiasi segno, sulle donne come sui cittadini considerati meno che cavie, a cui si chiede di avallare un nuovo assetto parlamentare, contrabbandandolo per un segno di civiltà e d’innovazione istituzionale, auspicato per anni dal popolo italiano, ma snaturato ad uso e consumo di chi continuerà a comandare, e sta governando senza alcun mandato elettorale, e con l’ingombrante presenza-assenza di più del 40% di astensionismo. Ridurre il Senato della Repubblica ad uno scimmiottante Senato delle Regioni, riempito con metodo “scientificamente empirico e clientelare” e con il pericolo strisciante di ridurlo a via di fuga istituzionale per una marmaglia di delinquentelli e capibastone eletti consiglieri regionali o sindaci in cambio dei servigi resi, è il cucchiaino terminale di arsenico edulcorato da propinare agli elettori convinti, plagiati da una medialità compiacente, che il 4 dicembre stanno per riscrivere la storia dell’italica penisola. Un serio approccio al cambiamento sarebbe stato studiare a fondo e magari apportare qualche correttivo al bicameralismo statunitense, che così non avrebbe privato i cittadini di esprimere la propria libera scelta ed avrebbe mantenuta la rilevanza storica del Senato senza pasticci e toppe all’italiana, offrendo in altro modo all’elettore un percorso più democratico ed un rapporto rappresentativo realmente valutabile a fine mandato. Ma questo governo twittaro, con ministre compromesse e arroganti, e generali di corpo d’armata che cambiano bandiera e padrone come un qualsiasi satrapo corrotto e baciapile, non può correre il rischio di far risorgere da un provvido disordine la forza del pensiero libero e come il femminicida continuerà a protestarsi innocente per amore..