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Quelle stagioni nere di Comune & Regione

Opinionista: 

A fine agosto 2002, in una delle sue frequenti visite a Napoli, di cui divenne cittadino onorario per indubbie benemerenze, nell’aver voluto, nel 1994, che il G7 si tenesse nella nostra città, rilanciandone così l’immagine a livello internazionale, il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi si domandò pubblicamente: “Come mai altrove si è riusciti a creare occupazione e a Napoli no?”. La esternazione nasceva nel vedere altrove “crescita e stabilità” e qui tutt’altro. Dopo un effetto sorpresa, furono numerosi i commenti. Oltre al comprensibile spazio riservato alla sua domanda, i giornali diedero ampio risalto al suo relax posillipino a Villa Rosebery con la consorte donna Franca, in particolare a una cena con invitati eccellenti, tra i quali il governatore Bassolino e il sindaco Iervolino. Quanto detto dal Capo dello Stato suscitò anche un disorientamento tra la gente comune, che si chiedeva giustamente se non fosse stato più pertinente domandarlo a quei due eccellenti commensali. Chi meglio di loro avrebbe potuto dargli le risposte attese? Bassolino era allora già al top della sua “permanente dimora” nei palazzi del potere: nel 1970 consigliere regionale del Pci; dal 1987 al 1996 parlamentare del PDS; dal 1993 al 2000 sindaco di Napoli; dal 1988 al 1989 Ministro del Lavoro con il governo D’Alema, infine Presidente della Regione dal 2000 al 2010 , altrettanto folto il palmares della Iervolino con un pieno di legislature e ministeri di peso. In quella circostanza però nessuno aprì bocca , a riprova di un disagio oggettivo nel trovare motivi validi per dimostrare il contrario. Ciampi aveva percepito che le cose a Napoli non andavano come sarebbero dovute andare e soprattutto che il traino promozionale del G7 del 1994 e lo stesso ripiano dei debiti comunali, da lui favorito, erano stati vanificati. In realtà non si profilava alcuna svolta. E vide giusto. Se si riflette sulla storia politica e amministrativa di Napoli e della Regione, il 2002 fu un anno di consuntivi e di prospettive amari, di ingorghi di smodate ambizioni e di staffette negative. Palazzo San Giacomo dovette fare i conti con una parodia di rinascimento bassoliniano e da subito anche con l’incipiente, già ben chiaro immobilismo, del sindaco Iervolino, fortemente voluto da Bassolino. Che ne sostenne la campagna elettorale, figurandole accanto anche nei manifesti con pose protettive da vecchio notabilato. Non andò meglio a Palazzo Santa Lucia per l’avvento di Bassolino, il cui governatorato si trasformò in una conflittuale diarchia con De Mita, destabilizzante soprattutto per la Sanità campana, al centro di capillari interessi con conseguenze critiche ancora oggi avvertibili. Ma questi furono anche molto altro: anni neri di un disastro immane, lo scrive Giovandomenico Lepore, l’ex procuratore della Repubblica, con Nico Pirozzi nel saggio denuncia: “Chiamatela pure giustizia (se vi pare)” - Edizioni Cento Autori - sintetizzabile in un dato “quasi otto milioni di ecoballe, del peso di circa una tonnellata l’una, disseminate in diciotto diversi siti della Campania, lasciate a marcire sotto il sole e la pioggia, mentre un fiume di percolato altamente tossico continuava (e continua) a disperdersi nelle viscere della terra minacciando sempre più da vicino la falde acquifere”. Ora Bassolino, il maggiore discusso protagonista di quegli anni, che si commentano da soli, ha annunciato che “si candida” al Comune di Napoli. A parte che sarebbe stato più corretto dire “mi ricandido”, evidentemente suona male, non saprebbe di novità che più gli interessa far passare, tale candidatura fa riemergere, con molte altre giuste riserve, sempre più imperioso questo interrogativo: bene, benissimo le 19 assoluzioni di Vota Antonio, ma “quale perverso ragionamento ha potuto far trasformare luoghi incantevoli della Campania felix, come Taverna del Re, e molti altri ancora, in città della monnezza?