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Quelle trame oscure dietro il caso Crocetta

Opinionista: 

Lascia pensare la vicenda del Governatore della Sicilia, Rosario Crocetta. Lascia pensare che per davvero l’Italia è forse diventato un Paese a modello centramericano, nel quale ogni mezzo è possibile per sbarazzarsi dell’avversario. Un Paese pericoloso, insomma. Questa volta il problema non è quello consueto dell’uso d’intercettazioni; c’è parecchio di diverso e soprattutto c’è l’assenza d’una condizione indispensabile alla stessa libertà d’informazione: il vaglio critico. Il fatto è ben noto: il camice bianco personale di Crocetta, Matteo Tutino, un ras della medicina locale dalla singolare carriera in questi giorni arrestato, avrebbe auspicato, in una telefonata con il Governatore, che la figlia di Paolo Borsellino, Lucia, assessore regionale alla sanità sino ad una settimana fa, avesse fatto la fine del padre. Dinanzi a tale cinica considerazione, Rosario Crocetta si sarebbe ‘limitato’ a non rispondere. Apriti cielo. La Procura della Repubblica di Palermo smentito l’esistenza dell’l’intercettazione comunque che sia ai suoi atti. Il giornalista che l’ha pubblicata – un professionista che Crocetta ha licenziato dall’Ufficio stampa regionale – dichiara invece d’averla personalmente ascoltata e trascritta. La prova non c’è. In un Paese normale, la questione non avrebbe fatto notizia, semplicemente perché la notizia al momento non c’è. Non c’è la fonte e chi la fonte dovrebbe istituzionalmente detenere dichiara di non averla. Questo è già molto grave: perché dando spazio a simili siluramenti, nessun personaggio minimamente pubblico potrebbe avere la sicurezza d’arrivare all’indomani. È sufficiente che qualcuno possa dire d’aver sentito qualcosa di cui non ha la minima prova, perché crollino istituzioni dello Stato. Dunque, con poche di queste operazioni, potrebbe essere messo in crisi lo Stato medesimo, semplicemente inventando verosimili falsità. Non è detto che quella a proposito di Crocetta sia una falsità: il problema è che non c’è elemento di prova che l’intercettazione sia vera, che dall’altro lato del telefono ci fosse il governatore della Sicilia, che non sia tutto una gran bufala. E chi dice d’aver ascoltato a personali ragioni d’animosità con il Governatore della Sicilia. È dunque, anzitutto un problema di metodo: non è possibile andare in giro ad uccider la reputazione della gente ed a destabilizzare lo Stato, senza poter fornire uno straccio di prova che le cose dette siano reali. Ma non basta. Perché tutto quanto si dice – e che inchioderebbe il Governatore – è che Crocetta, all’improvvida dichiarazione non avrebbe reagito con manifesti segni di dissenso, magari anche facendo una lezione di moralità telefonica e di senso civico al suo non propriamente eletto interlocutore. Sennonché, chiunque abbia anche una lontana infarinatura i semiosi – la scienza dei segni, linguistici in particolare – sa assai bene che un silenzio può costituire segno di disapprovazione anche più forte di tante parole, può servire a creare glaciale distanza, può tornare utile a far avvertire all’interlocutore disprezzo, riprovazione morale, contrarietà profonda. Tutto dipende dal contesto in cui quel silenzio viene espresso: il significato, quel che con esso s’intende dire, può andare dal totale dissenso alla completa adesione. E dipende molto anche dai rapporti tra le persone, dal modo abituale in cui esse si pongono tra loro e dal mutar di questo modo a seconda che siano sole o in presenza d’altri. Insomma, se già le parole possono assumere i sensi più diversi quando vengono pronunciate, a seconda dell’emittente, del ricevitore, dell’ambiente, dell’intonazione, eccetera eccetera, figurarsi quanto sia poi difficile assegnare un preciso significato ad un silenzio serbato nel corso d’una telefonata, dei cui contenuti, del cui tono, del cui contesto non si sa assolutamente nulla. Anzi non si sa nemmeno se la telefonata ci sia stata e se effettivamente quelli fossero gli interlocutori. Quel che trovo profondamente incivile e segno pericoloso d’una deriva autoritaria nella quale sta scivolando il Paese è che, salve rarissime e trattenutissime riserve – tutti per il gran timore di non omaggiare a sufficienza la figlia d’un eroico magistrato, eroico lui però – nessuno ha sollevato obiezioni serie su questo modo oscuro e tramaiolo di fare informazione e politica, un modo che di democratico non ha un bel nulla: essendo palesemente concepito e programmato in ristrettissimi ambienti, maleodoranti di segreti.