Se le riforme partono con il piede sbagliato
Il tanto atteso dibattito sulle riforme tra maggioranza e opposizione è finalmente partito. Ma è partito con il piede sbagliato, il che non ci induce ad essere ottimisti sul suo esito. prima a sbagliare è stata Elly Schlein, segretaria del Pd, quando ha affermato che quello delle riforme non è un tema prioritario. È vero esattamente il contrario poiché se la macchina delle istituzioni è arrugginita, diventa impossibile cercare di risolvere positivamente ogni altra questione. Senza contare che l'affermazione della Schlein, oltre a dimostrare la sua insensibilità nei confronti di quello che è, a nostro avviso, e non da oggi, il problema dei problemi, induce a ritenere che difficilmente la segretaria del Pd si impegnerà nel favorire la realizzazione della riforma. Come si può pensare, infatti, che il discorso appena iniziato vada avanti e giunga ad una positiva conclusione se si ritiene che quella delle riforme sia una questione di serie B ? Ma anche la maggioranza non è esente da errori. È ci riferiamo, in particolare, all'infelice affermazione del numero 2 di Forza Italia Antonio Taiani secondo il quale le riforme possono essere approvate anche senza il concorso dell'opposizione. Che si possa giungere all'approvazione della riforma senza l'ausilio dell'opposizione, specie sé questa dovesse ricorrere a pratiche ostruzionistiche, è evìdente. Ma in linea di principio l’opposizione deve partecipare attivamente ad una riforma atta a fissare le regole del gioco. Ci sia consentito far ricorso ad una metafora calcistica. Quando si devono definire le modalità di svolgimento di una partita entrambe le squadre, che poi si scontreranno sul campo, devono aver diritto di prender parte alla definizione di queste modalità. C è, poi, un altro punto che rischia di pregiudicare per l’ennesima volta il cammino della riforma. La Meloni ha soprattutto un obiettivo, quello di giungere alla elezione diretta del capo dello Stato o del presidente del Consiglio, così da dargli, forte della investitura popolare, il massimo dell’autorevolezza. Pd e Cinquestelle hanno già espressamente dichiarato di essere contrari a una tale ipotesi, non accettando l’idea di “un uomo solo al comando”, che contrasta – avvertono – con il carattere di democrazia parlamentare previsto dalla nostra carta costituzionale. Non vogliamo entrare ora nel merito di una simile disputa. Approfondire la questione richiederebbe, infatti, spazio e tempo. Quel che, tuttavia, ci sembra di poter e dover dire è che, inopinatamente, il treno della riforma sta passando e non salirvi sarebbe delittuoso.Si accantonino pure, ove necessario, i problemi più spinosi per esaminarli alla fine. Ma guai a chi dovesse assumersi la responsabilità di far fallire ancora una volta, là possibilità di rendere le istituzioni più aggiornate e efficienti.