Serve un altro premier per un’Europa “caina”
“Europa ingrata. Tradito lo spirito dei principi fondativi dell’Europa, di coesione e solidarietà”. “Questa Europa ascolta soltanto i più forti”. “L’Italia dell’Unione? A parole”. “Trattati come l’ultimo ruota del carro”. Di fronte all’atteggiamento attendista, meglio dire irresponsabile, di questa cosiddetta Unione Europea, sempre più insensibile alle richieste di un dovuto e articolato piano di sostegno al nostro Paese, colpito da una crisi tra le più gravi e drammatiche della nostra storia, questi titoli ci stanno tutti. Anzi sono ancora poca cosa, se si considera che la nostra richiesta di aiuto, non è avanzata per saldare e coprire sperperi o altre follie ma per fronteggiare le difficoltà di una pandenia. Soltanto a sentirla nominare, evocante solidarietà incondizionata. Bene ha fatto il presidente Mattarella a esternare rammarico e sdegno. Era ora di manifestarli con un messaggio forte e accorato. Come è anche ora di dire e spiegare, una per tutte, che se siamo arrivati a questo punto, alla nostra marginalità o ininfluenza, ciò, in larga parte, è dipeso dall’atteggiamento, avuto dal nostro Paese nel varo del governo del ribaltone dell’agosto scorso. Se non dettato, suggerito da Bruxelles, che ebbe buon gioco sulle nostre ambiguità e slealtà. Certe vicende, certi delicati snodi storici, visti a caldo, nella emotività del momento, invece di favorire le analisi obiettive e giuste, le affossano. Poi è il tempo a farle emergere meglio. In quel periodo, in un arco di tempo, compreso tra gli ultimi mesi del governo M5S-Lega e il ribaltone M5S-Pd si sono consumate le più abiette anomalie. Mentre a Palazzo Chigi vi era un governo M5S-Lega, al suo vertice c’era chi sondava scenari alterativi, prove di ribaltone anche seminando nei lavori una serie di no. Davide Sassoli (Pd), eletto presidente del Parlamento Europeo, con i Cinquestelle che, dopo i vaffa lasciarono libertà di votarlo; Ursula Von der Leyn, presidente della Commissione Europea, votata dai Cinquestelle a dispetto della Lega, in seguito Gentiloni (Pd), commissario europeo, indicato da Conte, sono stati tutti tasselli di un preciso “mosaico” istituzionale, ben concordato a tavolino. Ma il dato più sorprendente e scandaloso fu che, dopo la caduta dell’esecutivo Lega- M5S, nel corso delle consultazioni per il nuovo Governo, l’Europa chiese apertamente la riconferma di Conte e il Conte bis fu servito. Per quali benemerenze, se non quelle di averla ben servita? Insomma per far fuori Salvini, che rinfacciava ai satrapi dell’Unione una visione distorta e faziosa dell’Unione - quello che, se si riflette, oggi tutti dicono senza suscitare scandalo anzi riscuotendo applausi - l’Italia ha perso credibilità, stima, considerazione. È vero che subito dopo la defenestrazione di Salvini, l’euforia dell’Europa fu tale da non vedere l’ora su come doversi sdebitare con l’Italia. Ma poi passata la festa, gabbato lo santo. Ora di molto grave c’è che, nel momento in cui le spetta dare sostegno adeguato, balbetti, cincischi, perda tempo per fare la Caina. Questa è la verità a monte di tutto, che ci penalizza. Un governo nato, con questa torbida storia alle spalle, molto chiara e netta, senza contare quei “fuorionda” di Conte , che confidava alla nostra più cara “amica”, la signora Merkel, come poter tenere a bada Salvini, non ha titoli e autorevolezza per mettere l’Europa all’angolo. Conte che fa la voce grossa e minaccia Bruxelles e dice: “Ce la vedremo da soli”, ci ricorda, anzi è tale e quale al Conte, che intervistato su come il governo si stesse preparando a fronteggiare la pandemia dei virus canaglia, diceva: “Siamo prontissimi, abbiamo predisposto tutte le misure cautelative, potete stare tranquilli ”. Abbiano visto come. Se esiste un senno di poi che infastidisce il premier è perché c’è sempre un prima da dissennatezza. È inutile tirarla per le lunghe, per trattare con successo con l’Europa, ci vuol ben altro premier, se si continua con questo, l’Italia chiuderà.