Si sa solo piangere sul sangue versato
Nuovo baby rapinatore ucciso, nuovo sversamento di lacrime. Sulla facciata del palazzo in via generale Orsini, a Santa Lucia, sono ancora leggibili parole e frasi di dolore per la morte del quindicenne Ugo Russo, nei mesi scorsi, causata dal colpo di pistola di un carabiniere cui si voleva strappare il rolex. I fasci di fiori allora deposti sono stati portati via da vento e pioggia. Le foto le ha sbiadite il calore dell’estate. Resta la commozione dei giovani amici. Nessun segno di riflessione o di autocritica, invece, da parte della città che avrebbe tutte le possibilità per prevenire scene di questo tipo. Ripetitività sconcertante, ai primi di ottobre, con la sola variazione di modi e nomi di vittime, in via Duomo, all’angolo con via Marina.
*** Due vite bruciate. Nel pieno della notte, Luigi Caiafa e Ciro De Tommaso (17 e 18 anni) su motorino rubato e “travisati” da caschi integrali, si accostano a una Mercedes parcheggiata lungo il marciapiedi. A bordo tre giovani ai quali, pistola in pugno, viene intimato di consegnare denaro, cellulari e oggetti preziosi. In un filmato della Questura si vedono mani che porgono e mani che si allungano e che afferrano. La scena non sfugge ai Falchi che, a bordo di un’auto civetta, si trovano in perlustrazione notturna nella zona. I rapinatori tentano di scappare. Due colpi dell’agente sceso per primo dall’auto civetta, raggiungono in pieno il più giovane dei due rapinatori. La loro pistola era caricata a salve, un’arma “scenica”, senza tappo rosso. La magistratura dirà se, in quella circostanza, c’è stato un eccesso colposo di legittima difesa.
*** Una famiglia allo sbando. Per Luigi proibiti dalla Questura i funerali pubblici. Il padre, “piccolo pregiudicato” agli arresti domiciliari per spaccio di droga, inveisce contro chi ha colpito mortalmente il figlio (“non poteva sparargli alle gambe o a un piede?”). la madre, ritenuta legata a un clan del Pallonetto, invoca “verità e giustizia”; vuole sapere “come e perché” il figlio è stato ucciso, quel figlio che “voleva andare via da Napoli”. Arrestato in un blitz antidroga tra sedile di Porto e Quartieri spagnoli, al parroco dei salesiani Antonio Carbone, era apparso recuperato alla normalità dopo la “messa in prova” e un periodo di volontariato. La tentazione della rapina aveva però ripreso il sopravvento. Ora anche per lui un “muro del pianto” alla fine di via Duomo nella curva verso il porto. Pure qui, come a Santa Lucia, insieme con la sincera commozione umana, arriveranno un po’ di “lacrime di coccodrillo” da parte di ipocrite coscienze istituzionali: quelle dei “caimani” che si nascondono bene nei loro uffici.
*** Le colpe dei padri. Anche per il complice Ciro De Tommaso un contesto inquietante. Arrestato e portato in ospedale, su di lui pesa come una lama tagliante la “fama” del padre, Genny ‘a carogna, ex capo ultrà del Napoli, ora collaboratore di giustizia (si dice che il figlio è cresciuto in fretta negli stessi vicoli in cui il padre spadroneggiava trafficando droga). Da Luigi a Ciro siamo in presenza di giovani predestinati? In un momento di sconforto, don Franco Rapullino (conoscitore del sottosviluppo), non vede via d’uscita: ”Quello che facevano i padri adesso lo fanno i figli, poi toccherà ai nipoti e ai loro discendenti. Una catena che non si spezzerà mai”. Una maledetta, irreversibile nemesi storica, una infernale predestinazione.
*** Napoli, Assisi e ritorno. Nella città di San Francesco c’è il Papa per la beatificazione di un ragazzo di quindici anni morto di leucemia. Anni di dolore sopportati con una grandezza d’animo che ha dato conforto a molti con atti riferibili a “una luce miracolosa”. Fra i molti sacerdoti presenti c’è anche don Rapullino che, da lì, vede l’episodio di via Duomo come “non il primo e non l’ultimo” perché “a Napoli perfino l’aria è fetida, puzza di camorra e di illegalità”. Per troppi ragazzi, non solo di Forcella, ”non c’è scampo e futuro”.
*** Ritorna il “fujtavenne”. Sì, l’implacabile consiglio che dette Eduardo. Lavoro, scuola, famiglie: è crisi continua. Forse uno spiraglio può venire dalle tre mamme-coraggio che, in questi giorni di acuta emergenza sanitaria e sociale, hanno deciso di denunciare tutti coloro che, con le loro spregiudicate attività delinquenziali, spingono i giovani a bruciare sconsideratamente i propri anni e la propria vita.