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Solo messaggi, tweet e il maledetto whatsapp

Opinionista: 

«Vi vogliono far credere che sia normale fumare una canna fino a sballarsi. Che faticare a parlarsi sia normale, che andare sempre oltre sia normale. Qualcuno vuole soffocarvi. Ma voi dovete imparare invece a diventare protagonisti della vostra vita e cercare lo straordinario. Straordinario è mettere giù il cellulare, parlarvi occhi negli occhi invece di mandarvi faccine su whatsapp; straordinario è avere il coraggio di dire ad una ragazza: “Sei bella!” e non nascondersi dietro a frasi preconfezionate. Straordinario è chiedersi aiuto proprio quando ci sembra che non ci sia via di uscita. Per mio figlio è troppo tardi, ma potrebbe non esserlo per molti di voi, fatelo». E poi rivolta agli altri genitori: «Dovremmo capire che la sfida educativa non si vince da soli, nell’intimità delle nostre famiglie, soprattutto quando questa diventa una confidenza per difendere una facciata, non c’è vergogna se non nel silenzio: uniamoci, invece, facciamo rete». Le ultime parole sono state per il figlio, lì nella bara: «Perdonami per non essere stata capace di colmare quel vuoto che ti portavi dentro da lontano… fai buon viaggio piccolo mio». Questo il messaggio della mamma di Giò, il ragazzo di 16 anni che si è ucciso mentre i finanzieri, che la stessa mamma, disperata, aveva chiamato, pensando di porre un freno alla corsa di suo figlio verso il gorgo della droga e della dipendenza. E del suo mondo criminale. Senza commenti, senza che nessuno di noi si erga a giudice. Sono le situazioni che vivono tante famiglie, le nostre famiglie: non si comunica più, non si parla, non si ci guarda negli occhi, non ci si scambia una tenerezza, non si sente il fascino della voce, quando è lieta e quando è triste. Solo messaggi, tweet ed il maledetto whatsapp. Tutti a stare incollati su quegli strumenti freddi alla ricerca di qualche… novità di prima mano. Tutti ad aver fretta tanto da aver perso anche il gusto di una partita a carte per guardare in faccia l’avversario, il compagno e scambiare qualche “sfottò”. Anche le partite a carte si giocano al computer, on line come si dice: in una logica tristemente masturbatoria. Prima di ucciderci, ci siamo già uccisi, siamo morti dentro. E trasmettiamo ai nostri figli questi “modelli” di morte. E guai se non lo facessimo, saremmo tutti… retrò, fuori dal tempo. Mentre la morte ci invade. Povero Giò, forse per lui lo spinello era l’ultima via di uscita “per colmare quel vuoto che si portava dentro da lontano”. Non gli bastava il calcio, né la scuola a coprire quel vuoto. Il vuoto del calore delle persone, delle loro voci, dei loro gesti, dei loro sorrisi o delle loro lacrime. Fermiamoci un attimo e riflettiamo tutti su come siamo diventati. MANI PULITE. 17 febbraio del 1992 – 17 febbraio 2017. Questo anno, anche con l’enfasi del venticinquesimo, in questo giorno, si “celebra” l’anniversario di quella tragica saga, che fu “Mani Pulite”. Sempre con nuovi commenti. Quest’anno, ohibò! si scopre che, dopo venticinque anni, la corruzione “vive” più di prima: con sistemi più sofisticati, più sottili ed anche con forme diverse, pur sempre pervasive di tanta parte del sistema dei pubblici appalti. A me, che quel tempo ho vissuto anche nella carne viva, questo paragone pare assolutamente inappropriato. Ricordo il discorso di Bettino Craxi alla Camera, che non ebbe repliche, né allora né in tutti questi anni, e credo di poter dire, che al netto di responsabilità personali e di singoli comportamenti, allora si trattava pur sempre di un sistema che riguardava la vita dei Partiti in tutte le loro articolazioni, correnti e circoli compresi. Anche locali. Senza voler negare singole malversazioni. Di questi tempi è del tutto evidente che la corruzione riguarda, per lo più, altri livelli della organizzazione sociale, con finalità di arricchimento quasi sempre individuale, ad opera di personaggi di scarso rilievo pubblico. Ad ogni buon conto, Mani Pulite determinò la fine della Democrazia dei partiti e la immissione del mercato nel sistema politico, favorendo la vittoria dell’uomo-mercato per eccellenza, il fu Cavaliere. Non rifarò la storia del degrado della politica da allora ai nostri giorni. Ricordo soltanto che coloro che cavalcarono quella stagione e ne fecero anche una “questione morale”, fascisti- comunisti-leghisti, nel tempo furono contagiati e travolti proprio da una “questione morale”, di cui alla loro gestione del potere. Gli esempi, anche di questi giorni, sono sotto gli occhi di tutti. E comunque la democrazia, la politica, gli stessi princìpi costituzionali furono lesi fortemente, in quella stagione, dalla prevalenza del potere giudiziario rispetto a quello legislativo ed a quello esecutivo, che avrebbero dovuto restare “bilanciati”, secondo l’insegnamento di Montesquieu (1689 – 1755) nel suo famoso “Balance of power”. Non ho dimenticato quando una minacciosa dichiarazione del pool milanese di Mani Pulite per bocca del suo “eroe”, Di Pietro Antonio (qualcuno se lo ricorda?!) impose, con il sostegno della piazza giacobina, al Governo Amato il ritiro di un decreto legge, che garantiva una “lettura” più equilibrata e veritiera dei fatti che si andavano a perseguire. Il ritiro di quel decreto fu una grave sconfitta per il Governo, per il Parlamento e per i principi della costituzione repubblicana. Finì la Prima Repubblica, lasciando sul campo morti, reali, e feriti nello spirito: una intera classe dirigente, soprattutto quella di medio livello, quella impegnata nel governo delle Istituzioni locali fu distrutta. E non valse a recuperarla l’assoluzione con la formula più ampia di tantissimi di quegli amministratori, con grave danno per la qualità e per il livello successivo del governo dell’amministrazione locale. In nome della legalità si commisero molte e tragiche illegalità, di cui al “tintinnar di manette” che perfino Oscar Luigi Scalfaro, anche se con colpevole ritardo, fu costretto a denunciare. Tanti di quel popolo plaudente, esaltato dalla adrenalina ed “affascinato” dalle monetine contro Bettino Craxi, ora riconosciuto come grande statista, forse rimpiangono quella “famigerata” Prima Repubblica. Ma, anche questo non va bene. Indietro non si torna e “noi” perdemmo. Anche per colpe “nostre”, squisitamente politiche. Ed anche tattiche. Resta la considerazione, e vale soprattutto peri i comunisti, che la democrazia non ammette scorciatoie. La “via giudiziaria”, cavalcata per vincere e sconfiggere gli avversari che democraticamente non si era riusciti a battere, resta una scorciatoia inaccettabile, che alla fine si è ritorta anche contro di loro, distruggendoli. Ma soprattutto quella scorciatoia ha determinato il deserto della politica, che, ai nostri giorni, rischia di essere invaso dalla destra proterva e minacciosa. In Italia, in Europa, nel mondo. Mentre il Pd ed i resti malinconici di quello che fu il partito comunista vanno in frantumi.