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Soltanto l’Italia vuole morire

Opinionista: 

La cronaca della settimana registra l’esito delle elezioni in Austria e in Serbia. In entrambi i Paesi si è registrata la sconfitta della sinistra, ma in misura e forme diverse. In Serbia resta solidamente in sella il centrodestra europeista, ma rientra in Parlamento con 33 seggi la destra nazionalista filorussa di Vojislav Seselj, già ministro di Milosevic, perseguito dall’Europa per crimini di guerra e assolto dai giudici dell’Alta Corte. Un’altra occasione per ricordare che la Nato attaccò la Serbia per difendere i musulmani di Bosnia e del Kosovo e in quel contesto il governo D’Alema partecipò con i bombardamenti aerei su Belgrado: una stupidaggine simile alla guerra contro Gheddafi voluta dal solito Napolitano e da quel Frattini che oggi ricompare, incaricato di missioni internazionali che andrebbero riservate a personaggi più lungimiranti. Assai più rilevante il caso dell’Austria, dove al governo dei popolari e socialisti (gli stessi partiti che governavano in Italia prima del 1922) non è bastata la chiusura del Brennero per riottenere credibilità da un elettorato stufo dell’invasione islamica. Norbert Hofer, candidato della destra estrema, arrivando primo con il 36% alle presidenziali, ha raggiunto un massimo storico, distanziando nettamente il verde van der Bellen, mentre i rappresentanti dei due partiti governativi hanno racimolato un misero 11% ciascuno. Qualunque sia l’esito del ballottaggio, non sarà più possibile in Austria la conventio ad excludendum di un arco costituzionale ormai gravemente lesionato. Non sembra, d’altra parte, ragionevolmente prevedibile un’altra morte misteriosa dei leader della destra, come avvenne non molti anni fa a Heider. L’Austria, dunque, come la Francia, dove il partito delle signore Le Pen è in testa alla classifica e i partiti tradizionali hanno dimenticato le loro differenze per contrastare le intruse. Un segnale di debolezza, disvelante l’inganno di una dialettica pirandelliana in cui le parti giocano per apparire al popolo più diverse di quanto non siano. Il re è nudo e scopre la sua disaffezione per gli usi, i costumi, le tradizioni del popolo su cui governa. Questo porta nuova acqua al mulino degli avversari emergenti, i quali raccolgono il sentimento profondo di nazioni che vogliono sopravvivere al duplice attacco dell’invadenza europea e dell’invasione musulmana. Ora perfino il sistema mediatico comincia ad accorgersi che i popoli europei sono stufi dei vecchi partiti, che la nuova destra è già al governo in Ungheria, in Slovacchia, in Polonia e cresce in Olanda, in Gran Bretagna e perfino nelle nazioni scandinave. Fa eccezione l’Italia, che sconta la mancanza di un leader carismatico capace di raccogliere e amplificare il malcontento della maggioranza degli elettori. Fiaccato Berlusconi dagli anni e dalle persecuzioni, nessuno riesce a unificare il movimento popolare, che disperde gran parte della sua forza fra l’astensionismo e il sostegno al movimento senza programma né ideologia di Beppe Grillo. Eppure l’Italia è, con la Grecia, il Paese che sopporta i costi maggiori dell’invasione non contrastata ma, anzi, agevolata. La cosiddetta “Costituzione più bella del mondo” prevede i diritti dei cittadini. I governanti (ministri, prefetti, magistrati) preferiscono tutelare fantomatici diritti di quei migranti clandestini che cittadini non sono, rischiando di ridurre alla fame i detentori della sovranità, ridotti a sudditi di un’opprimente oligarchia. L’assistenza ai nuovi arrivati riduce in maniera insopportabile quella dovuta ai malati, agli anziani, ai disoccupati che hanno il solo torto di essere indigeni. Possibile che, di fronte a questo sfacelo, Berlusconi, Meloni e Salvini debbano litigare fra loro per qualche candidato sindaco?